E’ tornato libero padre Georges Vandenbeusch, rapito lo scorso 14 novembre nella sua parrocchia di Nguetchewe, all’estremo nord del paese, a soli 30 km dal poroso confine con la Nigeria. Lo hanno annunciato il presidente francese François Hollande e il Quai d’Orsay, precisando che il prete è stato rilasciato la notte scorsa e che le suon condizioni di salute sono “buone”. Per ora le circostanze precise della liberazione di padre Georges così come l’identità dei suoi rapitori non sono state chiarite da fonti ufficiali. In giornata il ministro degli Esteri Laurent Fabius arriverà a Yaoundé per accogliere il prete francese e riportarlo a Parigi “quanto prima” ha precisato Hollande.
Il parroco era stato portato via di notte da una decina di persone pesantemente armate che lo avrebbero subito trasferito nella vicina Nigeria. Successivamente i presunti rapitori di padre Georges si sono presentati come esponenti di Boko Haram, il gruppo armato islamista nigeriano. Anche gli elementi di prova raccolti dalle autorità camerunensi e francesi ritenevano che l’atto portasse “molto probabilmente” la firma di Boko Haram. Secondo il vescovo della diocesi di Maroua-Makolo, monsignor Philippe Albert Joseph Stevens, i rapitori sembravano invece “semplici banditi” che parlavano in inglese e in haoussa. La procura di Parigi ha aperto un’inchiesta per “rapimento e sequestro da parte di una banda organizzata in relazione ad un’impresa terroristica”.
Ufficialmente nessun riscatto è mai stato chiesto mentre le trattative sono state portate avanti nella “massima discrezione” riferisce il quotidiano locale ‘Journal du Cameroun’. Il prefetto dell’estremo nord aveva chiesto l’intervento delle autorità tradizionali locali per cercare di entrare in contatto con i rapitori. Nella regione è stato inviato anche il segretario generale della presidenza camerunense, Ferdinand Nghoh Nghoh, che in queste ore starebbe riportando padre Georges verso Yaoundé. Il comunicato diffuso dall’Eliseo ringrazia il presidente Paul Biya per il “suo impegno personale” ma anche le autorità del Camerun e della Nigeria per il “loro lavoro incessante” che ha portato alla liberazione del prete.
Padre Georges, 42 anni, di nazionalità francese, aveva deciso di rimanere a Nguetchewe, vicino a Koza, nonostante il Quai d’Orsay avesse decretato da tempo la zona “formalmente sconsigliata a causa del rischio terroristico e del pericolo di rapimento”. Lo scorso febbraio nella stessa regione Boko Haram aveva rapito sette cittadini francesi della stessa famiglia, liberati due mesi dopo nella confinante Nigeria.
In una lettera pubblicata lo scorso settembre sul blog della parrocchia Saint Jean Baptiste de Sceaux (Hauts de Seine, periferia di Parigi), della quale dipendeva, padre Georges consegnava una testimonianza forte del suo quotidiano “nel secondo anno trascorso in Camerun”. Un testo che faceva riferimento alle “gravi ripercussioni sociali ed economiche dei combattimenti nella confinante Nigeria, dove l’esercito bombarda i rifugi di Boko Haram”. Uno scenario che spinge migliaia di nigeriani a trovare rifugio dall’altra parte della frontiera, proprio nella parrocchia di Nguetchewe, dove il prete prestava assistenza a circa 10.000 persone. “Tranne il rapimento della famiglia Moulin-Fournier, vi voglio rassicurare sul fatto che qui la sicurezza è buona. Il Camerun serve da rifugio agli islamisti ricercati. Per ora non hanno rivendicazioni né lotte da portare avanti qui, base troppo preziosa per loro” scriveva ancora il sacerdote, che denunciava “un potenziale di tensioni su base religiosa” nella regione ma anche il fatto che “la maggior parte dei rifugiati nigeriani sono cristiani, nel loro paese di origine costretti alla conversione, alla morte o alla fuga”. – Misna