L’ambasciata degli Stati Uniti in Sud Sudan evacuerà oggi altri membri del personale, a causa del peggioramento della situazione di sicurezza. Lo ha fatto sapere il dipartimento di Stato Usa. Dall’inizio delle violenze nel Paese africano, lo scorso 15 dicembre, l’ambasciata ha già organizzato una dozzina di voli per portare via diplomatici e dipendenti. Stavolta la sede diplomatica Usa non ha fornito un motivo particolare per l’evacuazione, ma ha precisato che a partire da domani non fornirà più i servizi consolari. Attualmente la situazione nella capitale Juba è relativamente tranquilla, ma le forze ribelli leali all’ex vice presidente Riek Machar controllano la città di Bor, capoluogo dello Stato di Jonglei, 120 chilometri più a nord. L’esercito sudsudanese, ha riferito ieri un portavoce delle forze armate, ha inviato rinforzi a Bor per il timore che i ribelli possano avanzare verso la capitale. Il presidente Salva Kiir insiste che i combattimenti siano stati scatenati da un tentativo di colpo di Stato da parte di Machar e di soldati a lui leali.
Alcuni funzionari del partito al governo affermano però che le violenze siano iniziate quando i soldati della guardia presidenziale appartenenti alla tribù Dinka, la stessa di Kiir, hanno provato a disarmare commilitoni della tribù Nuer, di cui fa parte Machar. Le tensioni politiche ed etniche in Sud Sudan vanno avanti da diversi mesi, ma si sono inasprite dopo che a luglio scorso Kiir ha rimosso Machar dall’incarico. L’ex vicepresidente ha criticato Kiir definendolo un dittatore, annunciando che si presenterà alle elezioni presidenziali del 2015. Le Nazioni unite, il governo del Sud Sudan e molti analisti concordano sul fatto che il conflitto abbia principalmente un carattere politico, ma nelle ultime settimane abbia assunto una sfumatura etnica. Secondo l’Onu, oltre mille persone sono morte nelle violenze e 180mila hanno dovuto lasciare le proprie case. – LaPresse/AP