Sono 129 gli arresti effettuati ieri durante un raid delle forze dell’ordine nella moschea Masjid Musa, nella città portuale di Mombasa, in un’operazione che ha causato tafferugli tra gli agenti e i giovani che si trovavano all’interno del luogo di culto. I fermi saranno prorogati fino al 7 febbraio per dare modo agli investigatori di completare le indagini in corso.
Alcune fonti – al momento non confermate – riferiscono di due morti negli scontri, cominciati dopo che la polizia aveva fatto irruzione nella moschea e i presenti avevano reagito con lancio di pietre e bastoni. A quel punto, le forze dell’ordine avrebbero fatto ricorso a lacrimogeni e munizioni vere.
Secondo il responsabile della polizia nella città costiera, rinomata meta turistica del Kenya, Henry Ondieki, “la moschea in questione è una base utilizzata dai gruppi estremisti per reclutare giovani da utilizzare in operazioni terroristiche”.
Da tempo la comunità islamica della regione costiera, unica a maggioranza musulmana di tutto il paese, è oggetto delle attenzioni delle forze dell’ordine keniane. In particolare dopo l’intervento delle truppe di Nairobi nella vicina Somalia a partire dall’ottobre 2011 e l’attacco terroristico al centro commerciale di Westgate a Nairobi del settembre scorso, rivendicato dagli insorti somali al Shabaab.
Il timore del governo è che i giovani musulmani, molti dei quali di origine somala, che accusano le autorità centrali di discriminazione, possano fornire basi d’appoggio e sostegno logistico per nuovi attentati.
Dal canto loro, i cittadini di fede islamica accusano Nairobi di “sparizioni forzate” e violazioni dei diritti umani, condotte in nome della “lotta internazionale al terrorismo” e dell’uccisione in circostanze mai chiarite di due imam radicali, Ibrahim ‘Rogo’ Omar e Aboud Rogo Mohammed, sospettati di legami con Al Shabaab. – Misna