Qualunque sia la decisione di Mohamed Morsi o la decisione che gli sarà imposta dai militari e dalla piazza, a definire i contorni della situazione egiziana e di una parte almeno della rabbia generale di questi giorni è stato Al Wasat, partito islamista moderato, esso stesso alleato dei Fratelli musulmani. egittotahrir
In un comunicato diffuso ieri, Al Wasat ha parlato di “una legittima mobilitazione del popolo” in seguito ai fallimenti del governo nella gestione dei problemi economici. Ad alimentare la piazza è stata la rabbia per la politica di Morsi ma è stata anche l’aumento della disoccupazione, soprattutto tra i giovani. Il numero dei senza lavoro nell’ultimo anno è aumentato e questo Morsi non poteva permetterselo. Troppo ghiotta l’occasione per l’opposizione e forse anche per una parte dell’esercito.
Dopo averne assaltato il quartier generale al Cairo, anche ieri i manifestanti hanno preso di mira alcuni uffici dei Fratelli musulmani in altre città, mentre l’esercito – scaduto l’ultimatum dato ai partiti politici per risolvere la crisi – ha minacciato la sospensione della Costituzione, lo scioglimento del parlamento e la tenuta di nuove elezioni. Per Morsi, restano ancora poche ore per trovare una soluzione vera, mentre resta assediato nel suo palazzo, abbandonato da primo ministro e sei ministri. E mentre il numero dei suoi sostenitori per strada ieri è sceso vistosamente di fronte a una piazza (non solo Tahrir) che ne reclama invece le dimissioni.
L’instabilità egiziana non sta lasciando insensibili i suoi partner internazionali. Ieri, il presidente statunitense Barack Obama ha contattato Morsi chiedendogli di ascoltare tutte le voci della società egiziana, compresi i dimostranti che lo stanno contestando. Un invito quasi a mettersi da parte e ad evitare il muro contro muro.
Quel che di meglio ha saputo fare Giustizia e libertà, il partito di Morsi, è stato intanto di offrire una finestra di dialogo senza però specificarne termini e modalità. Ma la piazza guarda già avanti, l’Egitto che ha cacciato Hosni Mubarak non ha mai voluto i Fratelli musulmani e il fallimento di questi ultimi nell’agenda economica sembra aver dato il la a una nuova giravolta egiziana.* Maria Scaffidi – Atlasweb