Le paure irrazionali suscitate dalla febbre emorragica Ebola hanno contribuito a far sì che la situazione in Africa Occidentale sia ora fuori controllo, spiega Antoine Gauge di Medici senza Frontiere. Il rischio è che la malattia si diffonda su vasta scala. L’attuale epidemia di Ebola è «la più grave» dalla scoperta del virus negli anni Settanta del secolo scorso, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). In Guinea, Liberia e Sierra Leone sono stati registrati dal marzo di quest’anno 759 casi di febbre emorragica, stando all’ultimo bollettino dell’OMS pubblicato il 1. luglio. I decessi sono stati 467, ovvero 129 in più rispetto alle cifre di una settimana prima. Dopo una fase di stallo in aprile, l’epidemia ha ripreso a diffondersi, avverte l’OMS. L’organizzazione non governativa Medici senza Frontiere (MSF), in prima linea nella lotta a un virus nella maggior parte dei casi fatale e per il quale non esiste alcun trattamento, chiede l’intervento di tutti gli attori governativi e umanitari. ” La situazione è oramai fuori controllo, in termini di numero di casi e di focolai, che attualmente sono una sessantina.”
swissinfo.ch: Come spiegare una tale progressione del virus Ebola in Guinea, Sierra Leone e Liberia?
Antoine Gauge: Innanzitutto, il virus era in precedenza sconosciuto in questa regione. Le autorità sanitarie, il personale medico e la popolazione devono quindi imparare a conoscerlo. La situazione è oramai fuori controllo, in termini di numero di casi e di focolai, che attualmente sono una sessantina. Ciò è dovuto in particolare alla paura suscitata dal virus.
Il secondo fattore di contaminazione è legato alla grande mobilità della popolazione. Le persone si muovono, attraversano le frontiere e non dichiarano forzatamente i casi sospetti. C’è poi la questione dei funerali, che non sempre si svolgono secondo le precauzioni richieste. Di fronte a casi confermati o sospetti di Ebola è importante lavare e disinfettare minuziosamente il corpo.
Le famiglie hanno bisogno di vedere il corpo per iniziare il processo di lutto. Noi tentiamo di agire il più rapidamente possibile rispettando però le misure d’igiene. Ma l’attesa provoca a volte tensioni in seno alle comunità.
swissinfo.ch: Finora i casi di Ebola erano limitati all’Africa centrale. Sappiamo in che modo il virus è arrivato in Guinea?
A. G.: Non sappiamo se il virus fosse già presente nel paese o se invece è stato importato. Saranno necessarie ricerche approfondite per determinare la sua esatta provenienza.
swissinfo.ch: Bisogna temere una propagazione su vasta scala in Africa Occidentale?
A. G.: Non possiamo escluderlo. Questo rischio esiste.
swissinfo.ch: Disponete dei mezzi necessari per lottare contro questa epidemia?
A. G.: Siamo al limite delle nostre risorse, soprattutto umane. I focolai dichiarati sono troppo numerosi e non possiamo far fronte a tutti i bisogni. Preferiamo agire in modo molto rigoroso nei focolai dove già siamo presenti, così da evitare ogni rischio di contaminazione del personale curante. Tentiamo anche di mobilitare altri attori, ad esempio l’OMS o la Croce Rossa. Per ora manca però una risposta adeguata per contrastare l’epidemia.
swissinfo.ch: Eppure, a fine aprile, il presidente guineano Alpha Condé aveva dichiarato alla sede dell’OMS a Ginevra che la situazione era «sotto controllo». L’inerzia dei governi locali complica il vostro lavoro?
A. G.: Come sapete, MSF non s’intromette nelle considerazioni politiche. Non parlerei d’inerzia, ma di strategie inadatte. I governi e gli altri attori umanitari non sono ancora consapevoli dell’ampiezza dell’epidemia.
swissinfo.ch: Perché è così difficile contrastare il virus Ebola?
A. G.: È una malattia che necessita di mezzi di protezione molto rigorosi. Ci occupiamo della presa a carico dei pazienti contaminati, i quali sono messi in isolamento. La seconda fase, molto importante per interrompere la catena di trasmissione, concerne l’osservazione delle persone che sono state in contatto con dei malati. Lo scopo è di individuare rapidamente una persona che potrebbe presentare dei sintomi. Questo lavoro richiede estremo rigore. Conduciamo anche una vasta campagna di sensibilizzazione e di promozione della salute. Le paure manifestate dalla popolazione sono normali durante un’epidemia. Ma siccome questa malattia era finora sconosciuta, vi sono numerosi ostacoli e a volte è difficile accedere alle persone che sono state in contatto con i malati. D’altronde, la popolazione preferisce talvolta affidarsi a guaritori e alla medicina tradizionale. Alcuni credono che siano stati i bianchi a portare l’Ebola, ciò che complica ulteriormente il nostro lavoro.
swissinfo.ch: La soluzione per frenare l’epidemia è controllare i movimenti delle popolazioni?
A. G.: No, ciò rischia di rafforzare ancor più le paure e le credenze. Ci sforziamo al contrario di demistificare questa malattia al fine di accedere rapidamente alle persone contaminate e alla loro cerchia. Più si interviene rapidamente e più le probabilità di guarigione aumentano.
swissinfo.ch: In ambito cinematografico l’Ebola è diventato l’incarnazione del virus pandemico capace di provocare un disastro umanitario su scala planetaria. Questo virus è davvero così pericoloso?
A. G. : Questi film hanno contribuito a veicolare un’immagine sbagliata del virus Ebola. Certo, questa malattia ha un tasso di mortalità molto elevato – tra il 25 e il 90% a seconda del ceppo – e non esiste alcun trattamento o vaccino per contrastarla. Il virus si propaga però molto meno rapidamente rispetto ad esempio al colera. E contrariamente ad altri virus, la contaminazione avviene unicamente attraverso un contatto ravvicinato, tramite i fluidi del malato.
swissinfo.ch: Il 2 e 3 luglio si svolge ad Accra, in Ghana, una riunione d’urgenza dei ministri della sanità di undici paesi dell’Africa Occidentale. Cosa si aspetta da questo incontro?
A. G.: Un miglior coordinamento dell’OMS a livello regionale, nazionale e locale, come pure una campagna di sensibilizzazione più marcata da parte dei governi interessati. traduzione dal francese di Luigi Jorio – Samuel Jaberg, Reuters, swissinfo.ch