“Una legge per la protezione dei bambini-soldato è stata varata. Alcuni paesi, tra cui il Rwanda, sono oggetto di sanzioni nell’ambito dell’attuazione di questo provvedimento” ha dichiarato la nuove vice segretaria per l’Africa del dipartimento di Stato statunitense, Linda Thomas-Greenfield. “Il caso in questione è legato al Movimento del 23 marzo (M23) e continueremo di discuterne col governo ruandese. L’obiettivo è quello di assicurarci che cessi ogni coinvolgimento e reclutamento di bambini- soldato” ha aggiunto la Thomas-Greenfield, senza però precisare la data dell’entrata in vigore della legge in questione né la natura delle sanzioni adottate nei confronti di Kigali.
Il Movimento del 23 marzo è stato creato nel maggio 2012 da soldati ammutinati che sono per lo più ex membri di una precedente ribellione tutsi, quella del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp) del generale Bosco Ntaganda – detenuto presso la Corte penale internazionale (Cpi) – integrata nell’esercito tre anni fa. Tra il 2008 e il 2009 il Cndp era ritenuto vicino al Rwanda che lo finanziava per combattere in territorio congolese i ribelli hutu delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr), fuggiti dal paese delle mille colline dopo il genocidio del 1994. Da più di un anno e mezzo l’M23 è in attività nella ricca provincia mineraria del Nord Kivu (est) e lo scorso novembre ha occupato il capoluogo di Goma. Diversi rapporti stilati dall’Onu hanno più volte accusato il Rwanda e l’Uganda di sostegno diretto all’M23, ma i due paesi hanno sempre negato ogni coinvolgimento.
La decisione annunciata dalla vice segretaria statunitense indicherebbe un ulteriore passo indietro da parte di Washington nei confronti del paese che è stato a lungo il suo più stretto alleato nella regione dei Grandi Laghi. Tuttavia non rappresenta la prima sanzione in assoluto: nel luglio 2012 il dipartimento di Stato aveva sospeso l’aiuto militare per l’anno in corso – circa 164.000 euro – proprio “alla luce di informazioni in base alle quali il Rwanda sostiene gruppi armati in Congo”. Il capo della diplomazia di Kigali, Louise Mushikiwabo, aveva allora deplorato “la decisione dei nostri amici americani fondata su false e cattive informazioni (…) Come lo abbiamo detto sin dall’inizio, il Rwanda non è né la causa né il complice dell’instabilità nell’est congolese”.
Nei giorni scorsi si è dibattuto del conflitto nell’est della Repubblica democratica del Congo nell’ambito della 68a sessione dell’Assemblea generale dell’Onu. Negoziati di pace in corso da mesi a Kampala tra il governo congolese e la ribellione non hanno ancora portato le parti rivali alla firma di un accordo. – Misna