A causa degli ultimi combattimenti in Sud Sudan decine di migliaia di persone sono ulteriormente sfollate. L’Unicef ha ricordato che l’emergenza nella nazione più giovane del mondo rischia di diventare irrefrenabile. Circa 900.000 persone – metà delle quali sono bambini – sono già state costrette a lasciare le proprie case in Sud Sudan. Lo afferma una nota dell’Unicef diffusa a Roma.
Stiamo lavorando per prevenire un disastro”, ha detto Ted Chaiban, Direttore Unicef dei programmi d’emergenza, “le persone continuano a lasciare le proprie case ed affrontare feroci combattimenti e violenze terribili. Il sogno del Sud Sudan rischia di diventare un incubo per i bambini del Paese”. Nonostante la firma di un accordo di cessate il fuoco alla fine di gennaio – osserva ancora l’agenzia per l’infanzia dell’Onu – i combattimenti tra il governo e le forze di opposizione sono aumentati durante la scorsa settimana. Dopo i duri scontri e i ritrovamenti di cadaveri nelle chiese e negli ospedali nel nord della città di Malakal a febbraio, ora i combattimenti sono arrivati nello stato dell’Upper Nile. Adesso si teme per la situazione di 30.000 o più civili a rischio sfollamento. “Sono già centinaia di migliaia le donne, i bambini e gli uomini che hanno
accesso limitato ad acqua pulita sicura, ai servizi igienico sanitari, alla nutrizione e ai rifugi,” ha aggiunto Chaiban. “In queste condizioni, i bambini sono più vulnerabili ad epidemie di malattie e ad una grave insicurezza alimentare”. Fra l’altro, l’Unicef segnala che “le continue violenze in Sud Sudan hanno distrutto i mezzi di sostentamenti; il bestiame è andato disperso; case sono state saccheggiate e i mercati distrutti. 3,7 milioni di persone sono a rischio di grave insicurezza alimentare, di contrarre epidemie. Ci sono diffuse segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani; negli ultimi due mesi, bambini e bambine sono stati uccisi, mutilati, hanno subito violenze, perso i genitori, reclutati in gruppi armati o sono rimasti senza casa”. “Gli operatori dell’Unicef hanno vissuto in prima persona l’escalation delle atrocità – ha detto Chaiban – non ci sono scuse o giustificazioni per queste violenze. I bambini e i civili
dovrebbero essere protetti dalle leggi internazionali. Il dialogo politico è l’unica soluzione possibile”. Fra le attività dell’Unicef e dei suoi partner, rintracciare i bambini che sono stati separati dalle proprie famiglie, e fornire loro supporto psicosociale. L’Unicef sta anche distribuendo aiuti dove sono concentrate gruppi di famiglie sfollate. – Swissinfo