E’ pienamente guarito un ricercatore senegalese contaminato dal virus Ebola che era stato trasferito in Germania. Lo ha reso noto la clinica universitaria di Amburgo. “Sta bene e non ha più l’infezione da vari giorni. Siamo molto felici che possa ora tornare a casa”, si legge in un comunicato.
L’uomo si è infettato mentre lavorava in un laboratorio della Sierra Leone per conto dell’Organizzazione mondiale della Sanità ed è stato trasferito in Germania a fine agosto. La clinica universitaria non ha voluto fare commenti sul trattamento impiegato, limitandosi a dire che non sono state usate cure sperimentali. Attualmente vi è un altro ammalato di Ebola che viene curato in Germania: si tratta di un pediatra ugandese dello staff di Emergency condotto venerdì a Francoforte dalla Sierra Leone.
E’ guarita anche l’infermiera francese contaminata dal virus Ebola mentre prestava la sua opera contro la malattia in Liberia, con Medecins sans frontieres. Lo ha reso noto un comunicato del ministro francese della Sanità, Marisol Touraine.
La donna, di cui non sono state rese note le generalità, è la prima ammalata di Ebola giunta in territorio francese. Rimpatriata nella notte fra il 18 e il 19 settembre, è stata sottoposta a un trattamento sperimentale presso l’ospedale militare Begin di Saint-Mandé, vicino Parigi, uno degli ospedali francesi attrezzati per queste emergenze.
Autorità Usa si difendono: misure di difesa adeguate – Intanto, dopo che si sono accesi i riflettori di tutto il mondo sul Texas, teatro del primo caso di Ebola diagnosticato su territorio statunitense, i funzionari federali provano a spegnere le polemiche scaturite dall’iniziale mancato riconoscimento del caso sospetto poi confermato dai test, un uomo volato a Dallas dalla Liberia per una visita ai suoi parenti e tardivamente ricoverato. Un episodio bollato come un passo falso dai più critici che hanno anche sollevato critiche e dubbi sul sistema di difesa messo in piedi per la sanità pubblica negli Usa. Le misure anti-Ebola adottate sono adeguate, rassicurano i funzionari federali.
I primi report sull’epidemia in West Africa sono emersi a marzo con riferimento all’esplosione del focolaio in Guinea e Washington mesi fa ha imposto misure per procedere allo screening dei passeggeri di voli aerei e individuare quelli a rischio di esposizione al virus prima dell’imbarco dalle regioni colpite verso gli Usa. “Decine di migliaia di persone sono arrivate nel Paese da quelle zone”, ha riferito alla Casa Bianca Lisa Monaco, assistente alla sicurezza del territorio del presidente Barack Obama. “E ora abbiamo visto un caso”.
Monaco ha anche puntualizzato che “i professionisti dei Cdc (Centers for Disease Control) hanno fornito assistenza, formazione e consulenza agli ufficiali aeroportuali in Liberia, Guinea e Sierra Leone e, come risultato di queste misure e degli screening che sono stati predisposti, a dozzine di persone è stato impedito di viaggiare. Così noi vediamo che in realtà questi passaggi sono stati efficaci”.
Rassicurazioni arrivano anche da Anthony Fauci, uno dei massimi esperti del virus e direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (degli Nih). Le infrastrutture sanitarie statunitensi, precisa, sono molto ben consolidate. “Abbiamo un caso di Ebola ed è prevedibile che possa essercene un altro. Ma la ragione per cui ci sentiamo sicuri è che le nostre strutture impedirebbero un focolaio”, spiega.
Gli fa eco Sylvia Burwell, segretario per la Salute e i servizi umani, ricordando che le autorità Usa hanno lavorato per molti mesi per assicurare che il Paese sia protetto: “Comprendiamo la preoccupazione che anche un singolo caso può provocare, ma abbiamo sul posto strutture e operatori della sanità pubblica mobilitati per contenere l’eventuale diffusione di questa malattia”.
Un altro nodo che le autorità del Texas stanno ancora affrontando riguarda lo smaltimento di lenzuola e asciugamani contaminati che il primo malato di Ebola sul territorio Usa ha usato nell’appartamento dei suoi familiari in quarantena. I parenti hanno vissuto a contatto con questo materiale per 5 giorni prima dell’arrivo dei funzionari della sicurezza che lo hanno chiuso in sacchi ora conservati in un camion, sotto scorta, fino a che l’autorità federale dei Trasporti non darà il via libera per spostarli su strade pubbliche verso un sito di smaltimento autorizzato. – Atlasweb