Tre milioni di sfollati hanno bisogno di aiuti umanitari urgenti su tutto il territorio nazionale: è l’appello lanciato da Medici senza frontiere (Msf) in un rapporto intitolato “L’emergenza quotidiana: sofferenza silenziosa in Repubblica democratica del Congo”, pubblicato ieri a Kinshasa. In base allo studio le zone più colpite dalla crisi umanitaria e in situazione di emergenza sanitaria sono il Nord e il Sud Kivu, il Katanga e la Provincia Orientale. “Un gran numero di sfollati interni non viene raggiunto dagli operatori umanitari e devono lottare ogni giorno per trovare da bere e da mangiare” denuncia l’organizzazione medico-sanitaria, sottolineando che “diverse centinaia di decessi, conseguenza del mancato accesso a cure adeguate, avrebbero potuto essere evitate”.
Inoltre il rapporto di Msf evidenzia che il sistema sanitario congolese “costoso, inadeguato e disorganizzato” peggiora ulteriormente le condizioni di esistenza di chi è stato costretto a scappare dalle violenze dei gruppi armati attivi nell’est del paese e nella ricca provincia mineraria del Katanga. “Sulla carta il sistema sanitario nazionale assicura la gratuità delle cure in situazione di emergenza, ma nei fatti la gente è costretta a pagare, anche se vive in una zona di conflitto” rivela lo studio dell’ong.
L’altro limite dell’assistenza umanitaria agli sfollati è la localizzazione dei centri di accoglienza, per lo più situati nei pressi dei centri urbani quindi “difficilmente raggiungibili” da buona parte dei civili bisognosi. Per di più risulta “irregolare e globalmente insufficiente” la distribuzione di cibo e beni di prima necessità, che “non corrisponde alle necessità effettive delle popolazioni”. Secondo Msf l’inadeguatezza della risposta umanitaria del governo di Kinshasa e dei partner internazionali è la conseguenza diretta “del sistema rigido nel quale operano le organizzazioni”, che non consente di “dare una risposta rapida e adeguata ai bisogni più importanti” degli sfollati.
Sotto accusa dell’organizzazione medico-sanitaria anche il comportamento dei gruppi armati e delle milizie che “non fanno alcuna distinzione tra civili e combattenti” e si rendono responsabili di “violenze e violazioni indiscriminate” ai danni della popolazione indifesa. “Ogni giorno siamo di fronte alle conseguenze sanitarie delle violenze negli ospedali, centri sanitari e cliniche itineranti – conclude il rapporto – Più volte siamo stati costretti a sospendere l’assistenza a causa degli attacchi e dell’insicurezza diffusa. E’ inaccettabile”.
L’est del Congo, confinante con Rwanda e Uganda, rimane la regione più instabile del paese dei Grandi Laghi. Dopo la sconfitta militare del Movimento del 23 marzo (M23) lo scorso novembre, sono in corso operazioni delle Forze armate regolari (Fardc) e della locale missione Onu (Monusco) contro i ribelli ugandesi Adf-Nalu e i ruandesi delle Fdlr, ma sul terreno sono attive altre decine di milizie. L’altra situazione di crisi armata riguarda la ricca provincia mineraria del Katanga (sud-est) ostaggio di altri gruppi armati, tra cui gli indipendentisti Mayi Mayi Bakata Katanga. – Misna