Con la scoperta di importanti giacimenti di petrolio l’Uganda è entrata nel club dei paesi africani produttori dell’oro nero, principale motore di sviluppo per rendere l’ex colonia inglese un paese emergente. Le attività estrattive sono previste per il 2016.
In attesa del petrolio l’economia domestica registra un significativo rallentamento dovuto al calo della domanda interna e dal debole aumento industriale e del terziario. L’attuale situazione rischia di compromettere la crescita prevista al 7% per il 2013. «In questa situazione la crescita economica più realistica si assesterà al 3,4%», avverte Lawrence Othieno, direttore del Centro di Ricerche Economiche e Politiche presso l’Università Makerere.
I dati forniti dalla Banca Centrale rivelano una diminuzione dei consumi del 1,4% causata dai bassi salari del settore privato e dal mancato aumento di quelli del settore pubblico, mentre il potere d’acquisto in generale potrebbe diminuire del 2%. Alcuni esperti economici pensano che tali statistiche siano sottostimate. Nel primo semestre di quest’anno i consumi dei beni non essenziali hanno subito un allarmante rallentamento. I settori più colpiti sono l’edilizia, l’industria cosmetica e quella di alcolici.
La crescita industriale è diminuita del 0,1% nel primo quadrimestre del 2013 registrando un recupero del 0,9% nel secondo quadrimestre. Tendenza inversa si registra nel terziario che nel primo quadrimestre è aumentato del 5% subendo un calo del 1,5% nel secondo quadrimestre. Il più colpito è il settore edile con una perdita registrata del 2%. La British American Tobacco Uganda ha subito un calo dei profitti pari a 1,9 milioni di dollari, dovuto anche dall’aumento della vendita di sigarette di contrabbando.
Gli economisti ugandesi avvertono del rischio di un aumento dell’inflazione legato alla carenza di prodotti alimentari locali a causa della scarsità di piogge registrata tra gennaio e giugno che hanno compromesso i raccolti. In realtà l’inflazione è già aumentata del 1,5% attestandosi al giugno scorso al 5,1%. Un altro fattore è rappresentato dall’aumento delle tasse doganali attuato dalla Tanzania contrariamente alla politica di integrazione doganale prevista nel Protocollo del Mercato Comune della Comunità dell’Africa del Est (EAC). L’aumento delle tariffe tanzaniane ha notevolmente alzato i costi delle merci importate provenienti dal porto di Dar El-Salaam.
In compenso la Banca Centrale è riuscita a tenere stabile la moneta nazionale (lo scellino ugandese) che rispetto al dollaro americano ha subito una lieve svalutazione del 0,3% attestandosi a 2.580 UGX per 01 USD.
Anche il settore bancario ha subito un rallentamento dovuto dal calo dei risparmi e delle domande di credito. La Stambic Bank Uganda a fine anno finanziario ha registrato profitti per 22,09 milioni di dollari, 1,41 milioni di dollari in meno rispetto all’esercizio del giugno 2012. Anche l’altro colosso finanziario, la DFCU Bank registra una perdita di profitti pari a 0,5 milioni di dollari. Anche i depositi al risparmio e gli interessi sui crediti sono notevolmente diminuiti. L’Uganda ha lo stesso anno finanziario adottato negli Stati Uniti che termina in giugno. La stabilità registrata dai due importanti istituti bancari presso la borsa è legata dalla tipica incapacità degli investitori finanziari ugandesi di attualizzare l’andamento dei mercati, basandosi sulle analisi dell’anno precedente. Le azioni probabilmente subiranno un calo nel 2014 quando saranno esaminati gli indicatori economici del 2013. (…) * Fulvio Beltrami – L’Indro