Otto mesi in Somalia al Comando della missione europea Eutm per contribuire all’addestramento delle Forze di sicurezza somale: il Generale Massimo Mingiardi è soddisfatto dei risultati ottenuti ma chiede “più responsabilità, più assetti e risorse per raggiungere obiettivi ancora più ambiziosi”.
Da marzo sono stati formati 900 soldati somali, che entro la fine dell’anno diventeranno circa 1400. “Abbiamo conquistato la stima e la considerazione delle istituzioni del Paese, a cominciare dal ministro della Difesa – spiega il comandante – la Somalia vuole l’Italia, ma dovremmo avere più coraggio di osare, sfruttare il momento favorevole”.
Il Generale Mingiardi ad aprile 2015 completerà il suo mandato. Ancora non è stato indicato il Paese che avrà la responsabilità di guidare la missione europea fino a dicembre 2016, anche se non è escluso che venga riconfermata l’Italia. “E’ una missione importante e impegnativa. Si tratta di aiutare la Somalia a ricostruire il suo esercito, le sue forze armate attraverso lo studio e la pianificazione degli assetti in collaborazione con le autorità politiche locali. Ma il vero problema è l’assenza dell’equipaggiamento. L’addestramento degli uomini non è la soluzione dei problemi, servono divise e strutture”.
“I soldati a cui facciamo i corsi, a volte, non hanno le uniformi. Le ho chieste al Capo di Stato Maggiore somalo, ma non ci sono. In Somalia – continua il comandante di Eutm – non ci sono le caserme perché gli edifici sono stati bombardati. Di fronte a questa situazione è necessario che l’Europa intervenga, cambiando e ampliando l’obiettivo della missione. A tutto questo si aggiungono le precarie condizioni di vita nel campo di addestramento dei soldati, gestito da una organizzazione civile. Bisogna costruire gli arredi, la cucina, acquistare le brande. I soldati attualmente dormono per terra e non c’è acqua potabile. Io, pur essendo il comandante, non ho il potere di intervenire, ma sono i miei uomini e vorrei che l’Europa intervenisse”.
“Siamo tornati in Somalia perché nel ’94 la comunità internazionale decise di andare via dal Paese consegnandolo di fatto nelle mani del terrorismo islamico. Ora siamo tornati con un obiettivo diverso, un piano preciso, siamo presenti per aiutare la Somalia nella sua ricostruzione e per dare un futuro al Paese”.
“C’è ancora tanto da fare, da costruire. La missione – conclude Mingiardi – deve essere potenziata, servono soldi e uomini. Ho chiesto altri soldati, sto ancora aspettando. Sono un ufficiale operativo, abituato a stare insieme ai miei uomini e conosco le loro necessità. Posso dire di avere sempre gli stivali sporchi di sabbia, perché mi piace stare sul campo”. – Atlasweb