“È una legge molto restrittiva. Se venisse approvata, sarebbe un duro colpo per la libertà di informazione in Kenya”: così padre Francisco Carrera, missionario a Nairobi e direttore della rivista comboniana New People, conferma alla MISNA le preoccupazioni per la nuova legge sui media, approvata di recente in parlamento.
“Per entrare in vigore – spiega il missionario – non serve altro che la ratifica del presidente Kenyatta: è per questo che ora tutti rivolgono a lui lo sguardo e la richiesta di rinviare alle Camere il testo, perché venga emendato”.
Tra le disposizioni più controverse introdotte dalla nuova normativa quella che prevede la creazione da parte del parlamento di un tribunale ad hoc per i crimini a mezzo stampa. “In definitiva si derogherebbe dalla giustizia corrente, per dibattere in aule speciali i reati di giornalisti ed editori” spiega padre Carrera, aggiungendo che “quello in corso è un vero e proprio braccio di ferro tra la giornalisti e parlamentari”.
Questi ultimi avrebbero ideato una legge repressiva per imbavagliare cronisti zelanti e reporter d’assalto, e soprattutto le inchieste sulla corruzione diffusa tra i vertici dello Stato. Da anni ormai i giornali keniani denunciano abusi e malversazioni commesse da deputati, governatori e ministri di tutti gli schieramenti politici e governi.
“È per questo – osserva padre Carrera – che la legge, presentata dai deputati della coalizione del Giubileo, di cui fa parte anche il presidente, ha ricevuto appoggi e voti da tutto l’arco parlamentare”.
Tra le altre cose, la norma introduce il pagamento di multe fino a 20 milioni di scellini (200.000 euro) per le testate e un milione (10.000 euro) per i giornalisti colpevoli di infrangere un ‘codice di condotta’ stilato dallo stesso parlamento.
Non è la prima volta che i rappresentanti delle due Camere tentano di imbavagliare la stampa di uno dei pochi paesi che più garantiscono la libertà di informazione, in Africa orientale. In passato, l’ex presidente Mwai Kibaki aveva sempre rinviato al parlamento i testi giudicati “repressivi” o lesivi del diritto all’informazione. “In molti qui – dice il missionario – si aspettano che Kenyatta segua il suo esempio”. – Misna