In un’intervista rilasciata al quotidiano francese Le Monde, alla vigilia di un vertice sulla “pace e la sicurezza in Africa” convocato a Parigi, il presidente Ibrahim Boubacar Keita ha denunciato “pressioni” della comunità internazionale che obbligherebbe Bamako “a negoziare con un gruppo armato”. Il riferimento riguarda la ribellione tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) che rimane in posizione di forza nel capoluogo di Kidal (nord-est), sul quale le autorità maliane non sono ancora riuscite a ristabilire il pieno controllo. A Gao e Timbuctù, gli altri due capoluoghi del nord, teatro di una crisi armata durata 18 mesi, si è invece ridispiegato l’esercito regolare ed è tornata a funzionare la pubblica amministrazione.
“Le truppe internazionali devono aiutare il Mali a recuperare la sua integrità territoriale e la sua sovranità. Purtroppo siamo in una situazione in cui la presenza di queste truppe ha impedito a Bamako di ristabilire l’autorità dello Stato a Kidal” ha detto Keita. Il presidente ha poi aggiunto: “Il Mali non sarà mai un paese sotto tutela, né io un presidente fantoccio”.
In realtà dietro il termine di “comunità internazionale” c’è una critica più o meno velata alla Francia, che dopo aver dato un contributo militare decisivo – con l’operazione Serval – per risolvere la crisi del nord è stata più volte accusata dal governo e dai maliani di “avere una posizione ambigua nei confronti dell’Mnla”, per non dire “passiva o ingenua”. Da Parigi il ministro degli Esteri Laurent Fabius ha replicato che “la Francia è intervenuta, si può dire che ha salvato il Mali”, ma ora “tocca ai maliani e in particolare al presidente Keita agire”. Il capo del Quai d’Orsay ha assicurato che la Francia “non sostiene alcun gruppo” e “non deve interferire per quanto riguarda l’integrità territoriale”.
Lo scorso 28 novembre centinaia di sostenitori dell’Mnla hanno invaso l’aeroporto di Kidal, impedendo la visita del primo ministro; la protesta è stata repressa dai militari maliani e durante i disordini è morto un civile. All’indomani di quei fatti Keita si era detto “stupito” e “scontento” per il comportamento “quasi indifferente dei caschi blu di fronte alle gravi minacce alla pace a Kidal”. Dallo scorso luglio è dispiegata nel paese la Missione internazionale in Mali (Minusma). Dal canto loro i tuareg dell’Mnla avevano accusato l’esercito regolare di “atti barbari e selvaggi” per aver aperto il fuoco sul gruppo di manifestanti, per lo più donne e giovani. Il vice-presidente della ribellione indipendentista, Mahamadou Djeri Maiga, aveva poi annunciato la “ripresa della guerra” contro l’esercito maliano. – Misna