Sino all’Indipendenza dalla Francia in alcune importanti province algerine del Sud costituivano la maggioranza assoluta, forte politicamente, socialmente ed economicamente. Quell’età dell’oro, per i mozabiti (fiera popolazione di origine berbera, come attesta la lingua che parlano), è ormai un ricordo ed ora, con rabbia e orgoglio, sono scesi in piazza per chiedere alle autorità centrali di Algeri che sia posta fine alla serie di atti di violenza, che vanno avanti da una decina di mesi, la cui sola radice – dicono convinti – è un razzismo nemmeno tanto celato. Ad Algeri (davanti alla Casa della Stampa), così come in altre province algerine, decine di mozabiti – molti i giovanissimi – sono scesi in piazza per protestare e per rinfacciare al primo ministro Sellal le molte promesse fatte e, a loro avviso, non rispettate. La situazione è divenuta sempre più cruenta sul finire dello scorso anno, quando sempre più frequenti sono diventati gli scontri anche sanguinosi tra fazioni dei mozabiti e degli arabi chamba, i quali, nell’arco di un cinquantennio, hanno rafforzato la loro presenza nelle province un tempo abitate quasi esclusivamente dai mozabiti, che ora si sentono in pericolo. Tanto che, con il calare della sera, i rispettivi quartieri sono pattugliati da gruppi di giovani pronti a segnalare l’arrivo dei ”nemici”, che spesso si concretizza con assalti a case e devastazioni e saccheggi di negozi.
L’ultima protesta dei mozabiti è scoppiata dopo l’uccisione, venerdì scorso, di un ragazzo di 19 anni, Aouf Yassa il suo nome, che, è stato detto nel corso delle manifestazioni, è stato assassinato solo perché, a bordo della sua motocicletta, a Ghardaia, stava attraversando – non si sa bene se volontariamente o per una fatalità – le strade di uno dei quartieri interdetti alla minoranza. Sì, perché è proprio questo che denunciano i mozabiti, essere ormai stranieri nelle loro città, quando addirittura banditi da esse. La morte di Yassa, sempre secondo i mozabiti, ha portato a nove il totale delle vittime delle aggressioni da parte di arabi.
E poi, aggiungono, i mazabiti stanno subendo un accerchiamento fisico perché – quasi a somiglianza di quanto accade in Israele alla comunità araba – attorno ai loro tradizionali quartieri è stata autorizzata la costruzione di insediamenti destinati alla popolazione chamba. Il governo, da parte sua, al primo manifestarsi dei contrasti tra le due comunità nelle province del Sud del Paese dove mozabiti ed arabi un tempo vivevano in armonia, ha assunto delle iniziative, soprattutto di ordine pubblico, che però sembrano non avere garantito la sicurezza reclamata dai berberofoni. Ora i mozabiti chiedono il rafforzamento della difesa della loro comunità e dei luoghi religiosi che di recente, come alcuni mausolei, sono stati distrutti. La contrapposizione tra mozabiti e arabi non è rimasta limitata alle due comunità perché sui forum telematici è ormai scontro tra i sostenitori delle due parti. I toni sono anche aspri, con un razzismo strisciante che sembra prendere il sopravvento. *Diego Minuti (ANSAmed).