”In Marocco si arriverà presto ad uno scenario analogo a quello dell’Egitto, con la rabbia e la fame che porteranno la gente in strada: vi e’ anche un potenziale di violenza, e anche il regime sarà violento”. A parlare è il giovane giornalista Omar Radi, fra i piu’ attivi del movimento “20 febbraio” – nato in Marocco nel clima delle rivolte arabe del 2011 – e ora uno dei maggiori collaboratori del collettivo di blogger e militanti “Mamfakinch”.
Radi è giunto in Italia su iniziativa dell’ong italiana Cospe, per partecipare al Festival di Internazionale appena conclusosi a Ferrara. E associa le tensioni in Marocco a quelle che hanno spinto gli egiziani a scendere in piazza con il presidente Morsi.
Purtroppo, aggiunge l’attivista parlando con ANSAmed, queste proteste sociali si preparano mentre al movimento di opposizione ”manca una leadership”, decapitata da una repressione che ha condotto al fatto che ”170 attivisti sono ancora in carcere”.
Per Radi infatti la democrazia di cui si parla per il Regno del Marocco – un’isola di relativa stabilità politica nella regione – ”è solo un’illusione: le richieste e le proteste della gente vengono represse, il sistema è tutto tranne che una democrazia”. Parla in modo diretto e senza paura Omar Radi, già vice presidente dell’associazione anti-mondializzazione ‘Attac Maroc’. E ricorda anche il caso del giornalista Ali Anouzla, il direttore del sito Lakome, arrestato il 17 settembre dopo la pubblicazione di un video di Al Qaida nel Maghreb Islamico tramite un link ad un articolo del quotidiano spagnolo El PaiS.
Anouzla comparirà dal giudice il 22 ottobre, con l’accusa di sostegno e apologia del terrorismo, e rischia sei anni di carcere. Il suo caso – che si inserisce in un rinnovato allarme per il fenomeno jihadista in Marocco – e’ stato oggetto di un recente editoriale del Washington Post, in cui si sottolinea come alla linea riformista scelta dal Mohammed VI in seguito alle rivolte del 2011 – con una revisione costituzionale ed elezioni parlamentari che hanno portato alla vittoria di un partito islamista moderato, tuttora al governo – si stia osostituendo una tendenza al ritorno verso ”pratiche autocratiche” da parte del monarca, che ha sempre ”tenuto il controllo sulle forze armate e la magistratura”. E nell’arrestare un giornalista che faceva legittimamente il suo lavoro, osserva l’autorevole quotidiano statunitense, le autorità marocchine cercano di ”punirlo” per le su cronache coraggiose e critiche nei confronti del re. Il piu’ recente caso che ha messo il Marocco sotto i riflettori e’ stato quello dell’arresto di due adolescenti che avevano postato su Facebook una propria foto in cui si baciavano – i due sono ora tornati in libertà in attesa di processo -, ma il tema delle libertà e dei diritti del singolo – come quella di non digiunare durante il Ramadan, sostenuta da Moimento Alternativo per le Liberta’ Individuali (Mali) – non è il solo a generale la tensione e il malcontento segnalati da Radi.
Una crisi molto sentita è quella della disoccupazione, ufficialmente sotto al 10% ma che sarebbe almeno tre volte tanto tra i giovani, e che continua a dar luogo a manifestazioni di protesta quasi quotidiane a Rabat, dice – l’ultima domenica scorsa, con circa 2000 manifestanti nella capitale secondo l’AP.
Inoltre, sottolinea Omar, ”per molti non vi è accesso ai servizi sociali e sanitari”, mentre il costo della vita e’ in crescita. Da qui una serie di tensioni sociali che appunto rischiano, secondo il giovane attivista, di sfociare anche nella violenza.
E questo anche a causa dell’assenza di un movimento politico che le sappia indirizzare, quale quello del “20 febbraio” che – riconosce – ”ormai di fatto non esiste piu”’.* Luciana Borsatti (ANSAmed)