Un’atmosfera di calma apparente regna a Tripoli dopo i violenti scontri di giovedì notte fra gruppi di miliziani rivali con almeno due morti e decine di feriti. Italia, Francia, Usa e Gran Bretagna hanno rinnovato il sostegno ai libici ribadendo la loro preoccupazione per l’instabilità nel Paese ed auspicando il consolidamento della democrazia. In un comunicato congiunto pubblicato sulla pagina Facebook dell’ambasciata Usa a Tripoli i quattro Paesi sostengono che l’adozione di una Costituzione aiuterebbe a garantire un futuro più sicuro mentre il dialogo nazionale inclusivo rappresenta un elemento chiave per assicurare una transizione democratica.
La tensione in città resta comunque alta nel timore che possano verificarsi nuovi incidenti. Per le strade e in alcuni palazzi del centro della capitale libica – come l’hotel Radisson frequentato da diplomatici ed occidentali – sono ancora evidenti i segni della battaglia: colpi di mitragliatrici e armi pesanti sparati dai miliziani, in quella che testimoni oculari hanno descritto all’ANSA come l’episodio di guerriglia urbana più devastante dalla fine della rivoluzione del 2011. Gli incidenti di giovedì sarebbero stati innescati dalla morte di un importante membro della brigata di Misurata Nuri Friwan. L’uomo era stato catturato lunedì scorso da miliziani della capitale ad un checkpoint. I suoi compagni erano intervenuti per liberarlo, ma Friwan era rimasto gravemente ferito negli scontri e solo ieri è morto. Per vendicare la sua morte alcuni suoi commilitoni sono partiti da Misurata, pesantemente armati, e si sono diretti alla capitale attaccando la zona di Suq al-Juma a est di Tripoli. A quel punto tra i due gruppi si è scatenato l’inferno, in un vero e proprio braccio di ferro in vari quartieri della capitale.
E Misurata ha deciso di prendere le distanze da quanto accaduto. Gli stessi familiari di Friwan hanno condannato le violenze e hanno invitato ad un cessate il fuoco. Ma aldilà delle condanne e degli inviti la principale questione da risolvere al momento è quella di porre un freno al potere delle milizie che continuano a dettare legge in un Paese dove le autorità di transizione faticano ad imporsi. Gli scontri armati fra le brigate esasperano i tripolini che regolarmente protestano contro la presenza delle fazioni armate in città. Sabato intanto il neo movimento popolare “9 Novembre” ha indetto una manifestazione di protesta contro lo stato di caos in cui versa la Libia ma soprattutto contro l’estensione di un mandato del Congresso Generale Nazionale libico.* Giuseppe Maria Laudani – (ANSAmed).