Il Mozambico si trova ad affrontare una problematica crisi di sicurezza dopo che gli ex ribelli della RENAMO hanno denunciato gli accordi di Roma del 1992 ed hanno ripreso le armi (vedi Fides 22/10/2013). Anche se finora le azioni militari sono rimaste confinate nella provincia centrale di Sofala, il ritorno alle armi della RENAMO ha suscitato l’inquietudine degli Stati vicini, in particolare dello Zimbabwe, che dipende per i suoi commerci marittimi dal porto mozambicano di Beira.
Lo Zimbabwe ha minacciato l’invio di proprie truppe in supporto all’esercito regolare di Maputo, affermando che la propria sicurezza nazionale è messa in pericolo della ribellione della RENAMO. Un intervento militare unilaterale di Harare in Mozambico è però visto con scetticismo dai commentatori locali, sia per le non eccelse condizioni delle forze armare zimbabweane, sia per difficoltà di ordine politico. Come il Mozambico, lo Zimbabwe infatti fa parte della SADC (Southern African Development Community). Nel 2003 gli Stati aderenti alla Comunità hanno firmato un patto di difesa reciproca che prevede l’intervento di una forza comune nel caso uno dei Paesi membri sia di fronte ad una minaccia alla sua stabilità politica e democratica. Un intervento unilaterale dello Zimbabwe al di fuori dell’accordo SADC, verrebbe visto come un grave precedente di interferenza negli affari politici di un altro Stato membro.
Ad aggravare le condizioni di sicurezza del Paese a due settimane dalle elezioni amministrative del 20 novembre, vi poi è l’ondata di sequestri di persona a scopo di estorsione, che negli ultimi tempi ha coinvolto anche alcuni cittadini stranieri. (L.M.) – Ag. Fides