Magari li avete letti tutti, ma se questi titoli vi fossero sfuggiti vi esortiamo a recuperarli e a inserirli subito nella lista dei must read del prossimo anno. Sono romanzi, saggi, testi di poesia, graphic novel scritti da autori africani e/o collegati alle tematiche del continente e delle migrazioni. Sono libri che abbiamo letto, di cui in alcuni casi abbiamo parlato sulla rivista, sul sito o sui social e in altri, nostro malgrado, no, e che secondo noi hanno il pregio di offrire uno sguardo diverso su questioni urgenti e vicine.
Nella foto di apertura, un’installazione dell’artista anglo-nigeriano Yinka Shonibare attualmente esposta all’ICA di Boston.
1) Rue de Berne, numero 39 di Max Lobe (66thand2nd) La Rue de Berne che dà il titolo al libro è il “cuore” del quartiere a luci rosse di Ginevra: è qui che ha passato l’infanzia il protagonista della storia. Dipita è un immigrato di cosidetta seconda generazione, originario del Camerun, che gradualmente prende coscienza della propria omosessualità e, in un tumulto di vicende stupefacenti, si trova a fare i conti con la sua doppia diversità.
2) La stagione dell’ombra di Léonora Miano (Feltrinelli) Molto è stato scritto sulla schiavitù e sulla tratta atlantica. Questo però è probabilmente il primo romanzo a tratteggiarne l’esordio dal punto di vista africano e, più precisamente, come ci ha detto l’autrice durante un’intervista, «dal punto di vista di quelli che sono rimasti sul continente, uomini e donne che hanno perso i propri riferimenti in modo rapido e traumatico, senza trovare risposte alle domande che affollavano le loro teste». Un’opera che riguarda il vissuto e il dolore di una comunità semplice improvvisamente travolta dalla storia.
3) Ode laica per Chibok e Leah di Wole Soyinka (Jaca Book) Il premio Nobel e decano della letteratura africana, come è noto, scrive anche in versi. Questa è la sua ultima raccolta poetica, dedicata a donne e uomini che, in circostanze particolarmente difficili, hanno saputo dire no. Come Mandela quando rifiutò di uscire dal carcere («La libertà non accetta condizioni»); la giovane Malala, sfregiata nel corpo ma capace di tenere il vulnus lontano dalla sua anima; e soprattutto Leah Sharibu, una delle ragazze rapite da Boko Haram nel 2014, a cui i carcerieri dissero «abiura la tua fede», e lei rispose: «No, non potete togliermela, la mia libertà».
4) La casa della fame di Dambuzo Marechera (Racconti Edizioni) Un classico dimenticato, che questa piccola e coraggiosa casa editrice romana riporta in libreria a più di 40 anni dalla pubblicazione. Racconta le vicende di uno studente universitario che si sente sacrificato all’identità africana. Sullo sfondo troviamo la dissoluzione di una famiglia e la storia dell’attuale Zimbabwe, che ai tempi era ancora Rhodesia. Marechera, morto ad appena 35 anni, è stato definito il Joyce africano.
5) Vivo per questo di Amir Hissa (Chiarelettere) L’autore è un rapper di origine egiziana piuttosto noto. Copertina e titolo potrebbero far pensare a un’operazione puramente commerciale, e invece il volume contiene un racconto biografico accurato e profondo, che vale, al di là del personaggio, come testimonianza di cosa significhi crescere e trovare la propria strada in Italia quando si è (anche) figli di uno straniero. Apre una finestra sul mondo dei writer e sulle controculture urbane. Parla di Roma dalle sue periferie. Non si tratta insomma di un “caso” montato per fare audience, ma di coinvolgente neo-neorealismo in cui il tema delle cosiddette seconde generazioni gioca un ruolo importante ma privo (grazie al cielo o, meglio, allo spessore e all’intelligenza di Amir) di venature essenzialiste.
6) La razza e la lingua di Andrea Moro (La nave di Teseo) Il razzismo ha anche un versante linguistico, poco conosciuto ma ahimé molto praticato. Il suo fondamento è la convinzione che esistano lingue più complesse ed evolute ed altre che lo sono meno. Come ci ha spiegato l’autore in un’intervista, questo è uno dei primissimi saggi in cui la questione viene affrontata in termini divulgativi. Moro, professore di Linguistica generale a Pavia e studioso del rapporto tra struttura delle grammatiche delle lingue e cervello, scardina un pezzo alla volta le credenze infondate che alimentano questa forma di discriminazione.
7) L’Africa non uccide più di Antonio Salvati (Infinito Edizioni) Questo saggio, documentato e accurato, racconta il percorso di un intero continente verso l’abolizione della pena capitale. Nel 1989, quando Amnesty International pubblicò i dati di un suo censimento, c’era un solo Paese africano che l’aveva abrogata: Capo Verde. Quasi quarant’anni dopo, la situazione è cambiata in misura significativa. Venti nazioni africane hanno abolito per legge la condanna a morte e molte altre possono essere aggiunte all’elenco degli abolizionisti di fatto.
8) Félix e la fonte invisibile di Eric-Emmanuel Schmitt (Edizioni e/o) Félix vive in Francia, ha 12 anni e una mamma solare e affettuosa di nome Fatou. In seguito a una vicenda che riguarda il bar di sua proprietà ma soprattutto una truffa di cui è rimasta vittima, la mamma è risucchiata dal gorgo cupo della depressione. Per aiutarla, il nostro bambino fa tutto ciò che gli è possibile (anche far venire dal Senegal uno zio che si rivelerà non essere tale) e alla fine si mette in viaggio e va a cercare l’anima di sua madre, che forse è tornata ad abitare al villaggio. Una storia comica e struggente, con una doppia morale di fondo. La prima: il pensiero logico occidentale e la spiritualità africana, venata di magia e animismo, hanno in realtà molto da dirsi. La seconda: la mamma è sempre la mamma.
9) Djibril Diop Mambéty o il viaggio della iena a cura di Simona Cella e Cinzia Quadrati (L’Harmattan Italia) Djibril Diop Mambéty è stato un maestro visionario del cinema africano. Nel 1973, con il film Touki Bouki, un affresco quasi profetico e ricco di elementi autobiografici sul fenomeno delle migrazioni irregolari, si guadagnò un paragone con Jean Luc Godard. Il volume raccoglie una serie di saggi d’autore (c’è anche la prefazione di Martin Scorsese), che permettono di inquadrarne finalmente la portata artistica e storica.
10) Senza confini di Francesca Cogni e Andrea Staid (Frontiere/Milieu) Un libro particolare, non tanto per il tema (storie di migranti, rifugiati, richiedenti asilo alle prese con il quotidiano) o il fatto di essere “disegnato”, quanto per lo spirito etnografico che lo caratterizza e che si rivela nel modo in cui i disegni si innervano sulle storie dei protagonisti, contribuiscono a raccoglierle e a ridefinirle (non a caso Staid, uno dei due autori, è antropologo). In un momento in cui da più parti emerge la necessità di trovare modi più efficaci e incisivi di raccontare le migrazioni, l’etnographic-novel indica una strada possibile e inedita.
(Stefania Ragusa)