“All’aeroporto di Juba non ho mai visto così tanta gente in partenza” dice alla MISNA suor Giovanna Sguazza, superiore delle comboniane in Sud Sudan. La missionaria racconta di un clima di “incertezza e paura del futuro” mentre da Addis Abeba giunge la notizia di un rinvio dei colloqui di pace.
Nella capitale etiopica oggi dovevano riprendere le trattative che il 23 gennaio avevano consentito un accordo di cessate-il-fuoco tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e i ribelli legati al suo ex vice Riek Machar. Questa mattina un portavoce del governo del Sud Sudan ha però annunciato un rinvio, senza fornire spiegazioni. È possibile che all’origine della decisione ci siano contrasti sulla partecipazione ai colloqui di sette dirigenti liberati e trasferiti in Kenya il mese scorso dopo essere stati arrestati a Juba in relazione a un presunto tentativo di golpe denunciato da Kiir il 15 dicembre.
Di certo, dice suor Giovanna, in questi giorni in Sud Sudan prevale la sfiducia. Secondo la missionaria, “le violazioni del cessate-il-fuoco sono state ripetute ed evidenti”. E c’è poi un altro problema, relativo alla stessa modalità dei colloqui mediati ad Addis Abeba dall’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad). “Un negoziato efficace – sottolinea suor Giovanna – dovrebbe prevedere una partecipazione della società civile e della Chiesa, rispecchiando le tradizioni africane di risoluzione dei conflitti”.
Una convinzione, questa della necessità di un coinvolgimento delle parti sociali nella trattativa, rafforzata dalla dinamica assunta dalle violenze sin da dicembre. In questi giorni a Juba sono tornate a circolare fotografie e denunce rispetto a esecuzioni sommarie di civili Nuer, l’etnia di Machar associata spesso ai ribelli. Queste testimonianze riguardano in particolare un quartiere di Juba, Gudella, e i giorni compresi tra il 16 e il 19 dicembre. Sotto accusa ci sono militari, esponenti della Guardia presidenziale e ufficiali dei servizi segreti. – Misna