Bastone e carota: Omar Hassan al-Bashir sembra aver fatto ricorso all’antica tattica del colpire e del blandire nel discorso e negli atti con cui ieri è tornato sulle recenti cruente proteste anti-governative. Il presidente sudanese ha infatti prima ordinato la liberazione di un gran numero di attivisti presi prigionieri nei giorni scorsi – ma in 200 restano in carcere per rispondere dei rispettivi capi d’accusa – quindi ha pronunciato un discorso accusando non meglio precisate forze straniere che avrebbero tentato di rovesciare il suo governo attraverso quelle proteste.
La miccia delle proteste era stata accesa dalla decisione di eliminare i sussidi finora previsti per l’acquisto di carburante; una decisione che ha fatto aumentare i prezzi alla pompa fino al 60%. “Questa decisione – ha sostenuto Bashir – si è trasformata in una scusa per tentare di rovesciare il governo. Loro hanno portato agenti, ladri e sequestratori”. Nel suo discorso trasmesso in diretta via radio, Bashir non ha però specificato la natura e l’identità di questi presunti mandanti.
Il riferimento a collegamenti internazionali con le proteste era stato fatto in precedenza sia da Bashir che dal suo ministro degli Interni, Ibrahim Mahmoud Hamed. Ma finora sono mancate accuse dirette e precise, così come impreciso è rimasto il bilancio dei morti causati dalle forze di sicurezza. Secondo il governo i morti sono 60-70; secondo organizzazioni umanitarie le vittime sono state almeno 200.
Di certo però si è trattato delle manifestazioni urbane di protesta più imponenti mai registrate nei 24 anni di governo di Bashir che nell’ultimo biennio ha dovuto fare i conti con le conseguenze economiche derivanti dalla secessione del Sud Sudan e quindi dalla perdita dell’80% circa delle sue precedenti riserve di petrolio. – Atlasweb