”Un crollo catastrofico del mercato alimentare che si manifesterà con un calo delle quantità di cibo a disposizione e un aumento dei prezzi”: a lanciare l’allarme sulle prossime conseguenze concrete della crisi in atto da quasi un anno in Centrafrica sono le organizzazioni umanitarie Oxfam e Azione contro la fame. Già oggi, secondo l’Onu, il 90% della popolazione consuma soltanto un pasto al giorno e la situazione “è destinata a peggiorare”.
Per le due ong, a pesare negativamente sull’andamento del mercato dei cereali e dei beni alimentari è il perdurare delle violenze tra gruppi armati: a causa dell’insicurezza diffusa “ingenti quantità di cibo non riescono ad entrare nel paese”. Da settimane trasportatori del confinante Camerun si rifiutano di varcare la frontiera per consegnare i propri carichi, temendo attacchi da parte dei gruppi armati. Ad aggravare ulteriormente il quadro è “l’esodo continuo dei cittadini musulmani”, che sono ai primi posti nel commercio dei prodotti alimentari e i cui negozi sono stati pesantemente saccheggiati nelle ultime settimane dalle milizie di autodifesa Anti-Balaka.
Oxfam e Azione contro la fame hanno avvertito che ad oggi meno di una decina di venditori di farina è in attività a Bangui. “Le conseguenze di un fallimento nel proteggere quanti rimangono rischia di essere disastrose per tutti” si legge nel comunicato congiunto. “Le violenze religiose potrebbero spingere tutta la popolazione musulmana a lasciare il paese. E’ lei che controlla il mercato del cibo e altre attività commerciali, pertanto ciò avrà ripercussioni dirette sull’economia nazionale” ha dichiarato Peter Bouckaert, direttore per le emergenze di Human Rights Watch (Hrw).
Secondo Medici senza frontiere (Msf) “la violenza estrema e radicalizzata che ha raggiunto livelli inaccettabili e senza precedenti”- in particolare le “rappresaglie collettive contro i cittadini della minoranza musulmana” – ha già costretto alla fuga 40.000 di loro, di cui 30.000 si trovano in Ciad e altri 10.000 in Camerun. Anche i civili di confessione cristiana, la maggioranza, pagano il prezzo degli abusi commessi dall’ex coalizione ribelle Seleka (musulmana) mentre gli Anti-Balaka prendono di mira la componente musulmana della società centrafricana.
“Sono loro, gli Anti-Balaka, che sono diventati i principali nemici della pace”: a lanciare l’accusa è il generale Francisco Soriano, comandante della missione francese Sangaris, dispiegata nel paese da due mesi. Degli Anti-Balaka fanno parte semplici cittadini stanchi dai soprusi inflitti dai Seleka, ma anche esponenti delle ex forze armate centrafricana (Faca) e sostenitori dell’ex presidente François Bozizé. Da canto suo Patrice Edouard Ngaissona, ex ministro diventato coordinatore politico degli Anti-Balaka, ha criticato la nuova presidente di transizione Catherine Samba-Panza e il suo governo per “il mancato riconoscimento e l’ingratitudine nei nostri confronti”, sottolineando che “stiamo stati noi ad aver liberato il popolo centrafricano dalla ribellione di Djotodia e dai suoi mercenari”. Ngaissona chiede “un riconoscimento politico” delle milizie, una loro partecipazione nelle istituzioni, ribadendo la disponibilità dei suoi uomini a “disarmare in cambio di un aiuto al reinserimento”.
Intanto da Bruxelles il consiglio dei ministri dell’Unione Europea ha formalmente approvato il dispiegamento di una missione militare di 500 soldati europei in Centrafrica. Inoltre, in un colloquio con il capo della diplomazia francese Laurent Fabius, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon è tornato a chiedere “un celere dispiegamento delle truppe europee” e “potenziamento del sostegno alla missione africana Misca”. – Misna