Sale la tensione nel nord del Mali, in particolare nel capoluogo di Kidal dove, almeno sulla carta, i gruppi armati dovrebbero riconsegnare alle autorità di Bamako le sedi del potere locale, in particolare il governatorato e la radio pubblica, il 14 novembre. A far crescere ulteriormente l’insicurezza nelle ultime ore è l’arrivo di rinforzi militari: la comunità minoritaria tuareg teme che le truppe maliane, per lo più nere e originarie del sud, possano commettere violazioni dei diritti umani ai danni dei locali invece di proteggerli. Inoltre la prossima consegna dei centri nevralgici del potere a Kidal ha creato divisioni all’interno stesso del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) tra i giovani combattenti presenti sul terreno e la direzione del gruppo ribelle che ha firmato gli accordi di Ouagadougou lo scorso giugno e continua a negoziare con Bamako.
La scorsa settimana l’Mnla ha annunciato la sua fusione con altri due gruppi – il Movimento arabo dell’Azawad (Maa) e l’Alto consiglio per l’unità dell’Azawad (Hcua) – per andare uniti alle trattative con le autorità maliane. Ma sul terreno la situazione rimane molto instabile. Venerdì scorso si sono registrati tre morti nella zona di Menaka, al confine col Niger, in tafferugli tra soldati e ribelli tuareg: l’Mnla ha accusato l’esercito di aver “abbattuto” tre civili. A Kidal invece, dove sono arrivati rinforzi anche di militari francesi, lo scorso 2 novembre sono stati rapiti e assassinati due giornalisti dell’emittente Radio France Internationale (Rfi). Il doppio omicidio è stato rivendicato da Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi).
Nonostante un contesto difficile e incerto, il ministro della Riconciliazione e dello Sviluppo del nord, Cheick Oumar Diarrah ha detto di aver “buone speranze” sul fatto che la situazione “possa migliorare in vista delle legislative”, in agenda per il 24 novembre. L’esponente di governo ha fatto riferimento a “discussioni informali” e “azioni forti in corso per portare le parti coinvolte ad inserirsi in una dinamica positiva”. Per Diarrah, quei ribelli che hanno partecipato all’omicidio dei due giornalisti francesi “non sono in grado di bloccare le votazioni a Kidal in quanto non hanno alcuna strategia e un gesto in tal senso significherebbe mettersi in più grande difficoltà con la comunità internazionale e con la legalità”.
Nonostante l’elezione pacifica e democratica lo scorso agosto del presidente Ibrahim Boubacar Keita, il processo di pace per uscire definitivamente da 18 mesi di crisi armata è ancora altalenante. – Misna