La Costituzione precedente alla rivoluzione era certamente “migliore” per le donne di quella che si sta ora votando articolo per articolo in Tunisia, e che pur consacra negli art. 20 e 45, la parità fra i due sessi. “Ora dobbiamo batterci per ogni singolo diritto”. A parlare è Soumaya Chouikha, giovane imprenditrice tunisina, a Roma per un incontro tra imprenditrici tra le due sponde del Mediterraneo insieme ad altre due colleghe marocchine.
Il loro soggiorno, da oggi al 18 gennaio, prevede vari incontri anche istituzionali ed è organizzato dall’associazione Corrente Rosa in collaborazione con il ministero degli Affari esteri, Network globale, Gender Interuniversitary Observatory e Università di Roma Tre. Anche fare l’imprenditore donna era più facile fino al 2010, prosegue Soumaya: lei era stata selezionata nei “Mercoledì dell’impresa” organizzati da Camera di commercio e Agenzia per le politiche industriali, racconta, ma questa opportunità non esiste più “a causa dell’instabilità politica”. E il fatto di non portare il velo, dice, non l’avrebbe certo favorita se la sua attività avesse dovuto cominciare durante il governo guidato da Ennahda, il partito islamico che proprio in questi giorni ha ceduto il posto di premiere di un nuovo governo di transizione all’ex ministro dell’Industria, l’indipendente Mehdi Jomaa.
La sua impresa, Laboratoires Zahra Nature, si occupa di parafarmaceutici naturali e ha appena concluso il primo anno di attività. “Diamo lavoro a sei persone ma puntiamo ad arrivare a 30 – dice – e compriamo le materie prime tutta la Tunisia”. Di prodotti alimentari si occupa invece la marocchina Nadia Mabrouk, fondatrice e general manager della Società Salvema Maroc Gourmet. Dice di aver atteso per due anni, dal 2006 al 2008, un finanziamento dalle banche locali, che non davano mai risposte scritte alle sue richieste di credito pur avendo lei i requisiti richiesti. Finchè non ha ottenuto un finanziamento da 280 mila euro da Usaid, l’agenzia Usa per lo sviluppo, con il quale ha potuto comprare nuovi macchinari (di marca italiana) e, dice, “quadruplicare la produzione”. Ora esporta i suoi prodotti gastronomici Made in Marocco negli Usa, in Francia ed in Canada.
Basata ad Agadir, le era stato facile entrare in contatto con Usaid perchè, oltre che alla a Rabat, l’agenzia Usa era presente anche anche sul territorio ed era stata favorita proprio dal fatto di essere un’imprenditrice donna. Ora conta 25 dipendenti, 24 dei quali sono donne. Punta invece sulla cosmetica e sulle preziose qualità dell’olio di argan Aaicha Benarfa, anche lei dal Marocco. Dopo varie altre esperienze lavorative, conta ora sulle sue qualifiche di faramacista e biologa per lanciare con la sua nuova società Formazen un prodotto composto al 90% di argan, una percentuale molto piu’ alta – dice – di quella di molti altri prodotti sul mercato. Punta sull’export, dice, ma non sui mercati già saturi di Italia, Spagna e Francia: “guardo agli Usa, al Giappone, alla Russia e sull’America Latina, dove ci sono ancora grandi opportunità”. Oggi, dopo un incontro a Roma Tre in cui è stata illustrata la situazione delle donne in Italia dal punto di vista sociale e formativo, il programma prevedeva una visita in Quirinale. Nei prossimi giorni previsti anche visite e incontri alla presidenza del consiglio dei ministri, Camera e Senato e alla Farnesina. (ANSAmed).