Una settantina di donne e uomini sono rimasti vittime di esecuzioni sommarie tra fine gennaio e inizio febbraio nel territorio del Masisi, nella provincia del Nord Kivu: lo ha riferito la locale missione Onu (Monusco), attribuendo le esazioni a non meglio identificati gruppi armati attivi da decenni nella ricca e instabile provincia mineraria dell’est del Congo. Secondo la stessa fonte “la grande maggioranza dei civili è stata uccisa a colpi di machete nei centri di Nyamaboko I e II” nel Masisi, a ovest di Goma, il capoluogo provinciale. Nonostante la sconfitta militare della ribellione del Movimento del 23 marzo (M23) lo sorso novembre e la firma di accordi di pace con il governo di Kinshasa, in Nord Kivu le violenze non si fermano.
L’Onu sospetta l’M23 di continuare a reclutare uomini nella confinante provincia Orientale, con il sostegno dei vicini Ruanda e Uganda. Inoltre sono in corso operazioni congiunte con le forze regolari congolesi (Fardc) contro i ribelli ugandesi delle Adf-Nalu e i ruandesi delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr), che all’inizio del mese hanno assicurato di aver messo fine alle proprie attività militari. La scorsa settimana, come previsto dagli accordi di pace firmati con l’ex ribellione e con paesi africani, il parlamento congolese ha approvato una controversa legge di amnistia a favore dei combattenti dell’M23 che non sono accusati di crimini di guerra. Ora il provvedimento legislativo aspetta la firma del presidente Joseph Kabila.
Nel contempo le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme per il rischio di “catastrofe umanitaria” in un’altra ricca provincia mineraria, quella del Katanga (sud-est). Ieri il rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu in Congo, Martin Kobler, ha annunciato che la Monusco “intende rafforzare la presenza dei caschi blu in Katanga” per contrastare altri gruppi armi, tra cui i Mai Mai Bakata Katanga. Negli ultimi mesi la milizia indipendentista ha attaccato una decina di villaggi e incendiato centinaia di case nella zona detto “triangolo della morte”, tra le località di Manono, Mitwaba e Pweto, causando più di 400.000 sfollati.
Inoltre nel suo ultimo rapporto il Fondo Onu per l’Infanzia (Unicef) ha denunciato il reclutamento forzato da parte dei gruppi armati del Katanga di 2000 bambini, di età compresa tra sette e 17 anni, a partire da ottobre 2012. I bambini vengono anche sfruttati illegalmente per scavare nelle miniere delle provincia. Secondo le ultime stime a disposizione circa 43.000 minatori di meno di 16 anni sono stati censiti nei siti di estrazione di Kipushi, Kolwezi e Likasi. – Misna