All’inizio c’è stato il proselitismo, aggressivo e spregiudicato. Ora il salafismo in Tunisia, pur non mutando pelle, sta puntando sull’economia, sul business del commercio parallelo che cresce e si moltiplica soprattutto accanto alle moschee dove la corrente più integralista dell’islam ha conquistato, insieme ai consensi, anche spazi fisici. Il commercio salafita si alimenta di tradizione e quindi, a fare la parte del leone, sono soprattutto le vendite di abiti, che, nella Tunisia così come negli altri Paesi dove la corrente sta raccogliendo sempre più proseliti, marcano l’appartenenza religiosa. Le lunghe vesti di colore chiaro degli uomini sono esposte accanto ai veli rigorosamente integrali per le donne. Ad acquistarli sono persone che, come nel caso del mercato informale che è spuntato lungo le viuzze che corrono davanti ed accanto alla moschea di el Fath, nel centro di Tunisi, vengono anche da fuori città, approfittando della vicinanza della stazione ferroviaria de La Republique. I salafiti non restano indietro rispetto alle regole della globalizzazione e così molte delle merci che espongono vengono dall’estero, soprattutto dall’Arabia Saudita, capofila nel mondo arabo dell’islam più rigoroso e che con la corrente ha da sempre rapporti abbastanza proficui. Accanto agli abiti tradizionali è tutto un fiorire di prodotti che, per tradizione o convenienza, vengono acquistati in grande quantità soprattutto dalle classi più povere, spaventate dai prezzi dei negozi e quindi invogliate a spendere comprando dai commercianti di strada. I salafiti – quasi sempre giovani barbuti che indossano lunghi kamis bianchi – vendono anche prodotti a base di piante che, dicono, guariscono tutto: calcoli renali, ulcera, diabete, pressione alta. E poi afrodisiaci, che vanno via come il pane perché, per 14 dinari alla confezione (poco meno di sette euro), promettono di ritrovare l’ardore perduto. Ma, come spesso accade c’è un ”ma” legato a questi prodotti i cui principi e la cui preparazione restano misteriosi e che, secondo i medici, possono provocare gravi problemi per coloro che ne fanno ricorso. Una recente indagini eseguita dall’Agenzia nazionale dei controlli sanitari, ha accertato che in alcuni prodotti sono state rilevate percentuali allarmanti di sostanze nocive, come quelle allergeniche o, addirittura, mercurio, potenzialmente mortali soprattutto per i cardiopatici. Ma chi compra ”salafita” lo fa, oltre che per convenienza economica, anche per un credo religioso. E su questo alcuni commercianti, come ammettono loro stessi, stanno costruendo le loro fortune. * Diego Minuti (ANSAmed)