Un giovane catturato mentre combatteva tra le file dell’ex generale libico Khalifa Haftar nell’est della Libia è stato decapitato. Lo riferisce il Times online. Per la prima volta i miliziani di Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno postato online il video della decapitazione del prigioniero in pieno ‘stile Isis’.
Il volontario si chiama Ahmed Muftah El-Nazihi e appare terrorizzato mentre pronuncia la dichiarazione che i membri di un gruppo jihadista, parte di Ansar al-Sharia, gli hanno fatto leggere. “Consiglio a quelli che erano con me di abbandonare le loro attività e tornare alle loro case o dovranno affrontare lo stesso destino: la decapitazione”. Alcuni uomini incappucciati attorno al giovane hanno poi portato a termine la loro barbara esecuzione e mostrato la testa della vittima.
Intanto due autobombe sono esplose stamani a Tripoli davanti all’ambasciata dell’Egitto e vicino alla rappresentanza diplomatica degli Emirati arabi uniti, senza fare vittime. Il ministero degli Esteri del Cairo ha condannato gli attentati “terroristici” compiuti nelle ultime ore in Libia come atti “criminali e vili contro le aspirazioni del popolo libico”. L’autobomba all’ambasciata egiziana “viola il diritto internazionale e mina le relazioni storiche tra i due popoli”, ha detto il portavoce Badr Abdel Atti, citato dalla Mena. Il portavoce ha condannato sia l’esplosione all’ambasciata egiziana a Tripoli che gli attentati di ieri a Tobruk e Baida, nell’est della Libia che “prendono di mira le aspirazioni del popolo libico alla libertà, la stabilità e la sicurezza”. Questi attacchi “mettono in dubbio l’importanza degli appelli a un dialogo politico e nazionale con gruppi terroristici che rifiutano di deporre le armi e di rinunciare alla violenza”, ha aggiunto.
In questo quadro raccapricciante e’ giunta la notizia della liberazione di Marco Vallisa, il tecnico italiano rapito in Libia il 5 luglio 2014. Vallisa è “ora in volo per l’Italia”, ha annunciato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Cinquantaquattro anni, originario di Roveleto di Cadeo in provincia di Piacenza, Vallisa era impegnato in un cantiere della ditta modenese ‘Piacentini Costruzioni’ quando è stato rapito insieme con altri due colleghi, il bosniaco Petar Matic e il macedone Emilio Gafuri, nella città costiera di Zuara, abitata in prevalenza da berberi. Matic e Gafuri erano stati poi rilasciati due giorni dopo. Sin dai primi momenti seguiti alla loro scomparsa si è subito pensato a un rapimento, anche perché la loro auto é stata trovata con le chiavi inserite nel quadro. L’obiettivo dei rapitori potrebbe essere stato quello di chiedere un riscatto: la pista del sequestro ‘politico’, infatti, appare meno realistica, perché i fatti si sono verificati in una zona lontana dalla Cirenaica, dove si concentrano i ribelli jihadisti in conflitto con Tripoli. “Esprimo profonda soddisfazione per la liberazione di Marco Vallisa”, ha affermato Gentiloni. “Desidero ringraziare calorosamente tutti coloro che hanno lavorato per il felice esito della vicenda. Tale risultato – commenta il ministro – è il frutto di un gioco di squadra dell’Unità di crisi del ministero degli Esteri, dei nostri servizi d’informazione e dell’ambasciata d’Italia a Tripoli. A tutti esprimo il mio più vivo apprezzamento per la dedizione e la professionalità dimostrata e per l’efficace e paziente azione. Un particolare ringraziamento – conclude il titolare della Farnesina – va alla famiglia Vallisa per la fiducia nel lavoro delle istituzioni”.
Sono ancora cinque gli italiani sequestrati all’estero: le due giovani cooperanti lombarde Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, scomparse in Siria dal 31 luglio 2014; il tecnico veneto Gianluca Salviato, rapito in Libia il 22 marzo 2014; il gesuita romano padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato a fine luglio 2013 in Siria; il cooperante palermitano Giovanni Lo Porto, scomparso il 19 gennaio 2012 tra Pakistan e Afghanistan.(ANSAmed).