13/12/13 – Libia – Forti rischi sicurezza, ma resta terra opportunità

di AFRICA

 

Sotto i riflettori per i continui attacchi armati- l’ultimo in ordine cronologico quello di stamani – scontri fra fazioni, milizie e l’avanzare del terrorismo, la Libia di oggi sembra sull’orlo del baratro.

L’Italia, però, può e deve riprendersi un ruolo politico e economico non da gregario ma da protagonista . ”Perché investire in Libia non è una missione impossibile”. E’ un messaggio a tinte forti e, al contempo, contraddittorio quello lanciato stamani nel corso di un incontro sulle opportunità di investimento nella Libia post-rivoluzionaria, organizzato alla Camera di Commercio di Roma da Network globale – agenzia per l’internazionalizzazione delle imprese . ”La situazione sul terreno è critica, impossibile negarlo”, ha ricordato nel suo intervento il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Marco Minniti. ”I dati sono impietosi nel settore energetico, con una produzione petrolifera passata da 1,5 milioni di barili al giorno del periodo pre-rivoluzionario, agli attuali 100 mila barili al giorno”. Bendarsi gli occhi, cercando di fare tornare la voglia alle imprese italiane di oltrepassare il Mediterraneo non serve a molto se la situazione sul terreno non cambia. ”Serve un cambio di passo della politica italiana in tutto il Bacino, perché è lì che si gioca una partita cruciale per gli interessi del nostro Paese, per l’Europa e gli Stati Uniti”. A salvare il sistema Italia, ha ricordato dal canto suo il vicepresidente di Confindustria, Aurelio Regina, ”sono le esportazioni, che anche quest’anno registreranno un nuovo record in termini di volumi”. Anche quelle destinate alla Libia del post-Gheddafi non vanno male. ”Il nostro export è aumentato del 300% rispetto al 2011, e assestandosi attorno ai 2,4 miliardi di euro in 2012”. Oltre al settore degli idrocarburi, ”le opportunità di business per le aziende italiane sono nelle rinnovabili, nell’agroindustria, nell’edilizia, nella logistica, nei trasporti, nei servizi integrati e nelle infrastrutture, ma servono certezze sulla sicurezza”, rilancia il vicepresidente di Confindustria. In alcune zone della Libia la ricostruzione è già un pezzo avanti, ha sottolineato Anna Prouse, esperta di ricostruzione e cooperazione post-belliche, che nell’Iraq del dopo Saddam ha passato diversi anni. La città di Misurata, rimarca, annovera diversi casi di successo. ”Dopo la rivoluzione venne rasa al suolo, oggi invece le cose sono molto diverse”. La Libia, ”sta vivendo un momento molto critico e so che ci sono forti preoccupazioni sulla stabilità e la sicurezza del Paese, ma stiamo costruendo la nostra democrazia”, ammette Mustafa Abushagur, ex vice primo ministro libico del governo di Abdurrahim El-Keib dal novembre 2011 al novembre 2012. ”Quando in gioco ci sono grandi sfide, ci sono sempre grandi opportunità. E in questo momento siamo aperti agli investimenti.

I primi che arriveranno, avranno maggiori opportunità”. Vale, insomma, il principio di chi prima arriva, meglio alloggia. In ballo c’è pur sempre una ricostruzione stimata tra i 200 e i 480 miliardi di dollari. * Cristiana Missori  – (ANSAmed).

 

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