Un miliardo di euro in tre anni: tanto sperano di riuscire a mobilitare i rappresentanti europei che ospitano oggi a Bruxelles la riunione del ‘New Deal’ (Nuovo patto) per la Somalia. All’incontro sono presenti oltre una cinquantina di paesi, europei, africani e della penisola araba, oltre ai rappresentanti delle istituzioni somale e delle regioni semiautonome del Puntland e del Jubaland; assenza di peso – invece – quella delle autorità del Somaliland, la regione settentrionale proclamatasi indipendente da Mogadiscio nel 1991.
La conferenza si concluderà con la firma di un accorso per il New Deal, un paradigma ideato per consolidare la pace e garantire il finanziamento e la ricostruzione di paesi in transizione dopo anni di conflitto.
“L’evento servirà a inquadrare il futuro in una chiara visione politica, definendo le priorità dello sviluppo e individuando modalità di finanziamento e di erogazione degli aiuti in grado di garantire efficacia e responsabilità” ha spiegato ieri l’alto rappresentante agli Affari Esteri dell’Ue Catherine Ashton, aggiungendo che “lo scopo di fondo è sostenere il processo politico in modo da completare la Costituzione e definire lo Stato federale, rispondendo alle aspirazioni del popolo somalo”.
Tra i programmi lanciati nell’ambito del nuovo patto, quello che punta a riportare a scuola oltre un milione di bambini somali, in un paese che ha i tassi di scolarizzazione più bassi del mondo con appena quattro bambini su dieci in età scolare che frequentano le classi.
Tra i l 2008 e il 2013 l’Unione Europea ha stanziato circa un miliardo e 200.000 euro di aiuti per il paese, di cui 521 milioni nel settore dello sviluppo e 697 in quello della sicurezza, in particolare il finanziamento della missione di caschi verdi africana Amisom.
Nonostante l’entusiasmo, tuttavia, alcuni problemi di fondo permangono e gettano pesanti ombre sul paese: secondo gli indicatori, corruzione e cattiva gestione dei fondi pubblici – una costante dei governi negli ultimi vent’anni – sono fenomeni tutt’altro che archiviati. Il governo centrale controlla piccole porzioni di territorio e basa la sua autorità sul solo ausilio di migliaia di truppe straniere, mentre alcuni poteri di fatto, come quello del Somaliland, si rifiutano di partecipare agli incontri per progettare insieme il futuro del paese.
“Se questi ostacoli non saranno superati – osserva Mary Harper, giornalista della Bbc ed esperta di Somalia – gli esiti della conferenza di oggi potrebbero rivelarsi limitati e il New Deal diventare solo l’ultimo di una lunga e costosa serie di incontri con pochi o nulli effetti sullo sviluppo”. – Misna