Il 17 dicembre 2010 il venditore ambulante 26enne Mohamed Bouazizi si dà fuoco a Sidi Bou Zid, nel centro della Tunisia, dopo avere subìto dei soprusi da parte della polizia. Il suo gesto, al di là dei motivi specifici per i quali viene compiuto, nell’interpretazione che ne viene data incarna sia la rabbia per le ingiustizie di un sistema corrotto e clientelare, sia lo scontento per una situazione economica non più rosea. Parte così in Tunisia la rivolta contro il regime di Zine el-Abidine Ben Ali, che fugge in Arabia Saudita il 14 gennaio del 2011 dopo 23 anni al potere. Una delle piazze centrali di Tunisi viene ribattezzata da piazza 7 novembre, data in cui Ben Ali era salito al potere succedendo a Habib Bourguiba, a piazza 14 gennaio, giorno appunto della fine del regime.
Il primo ministro Mohamed Ghannouchi annuncia un governo ad interim di unità nazionale, ma resta in carica solo fino al 27 febbraio perché i manifestanti lo considerano troppo compromesso con il regime e costringono anche lui a lasciare il potere. Come premier ad interim viene scelto allora Béji Caid Essebsi (ora candidato alla presidenza nelle elezioni del 23 novembre con il partito Nidaa Tounes), il quale guida il Paese fino alle prime elezioni libere, che si tengono il 23 ottobre 2011.
Alle urne vince il partito islamista Ennahda, che va al governo in coalizione con il Congresso per la repubblica (Cpr) e con Ettakatol. L’Assemblea costituente che viene eletta ha il compito di redigere la Costituzione ed elegge a presidente Moncef Marzouki. Ennahda si presenta come partito moderato e promette tolleranza, ma questa definizione suscita perplessità in molti. A ottobre 2012, per esempio, fa scalpore la videointercettazione del leader del partito, Rashid Ghannouchi (da non confondere con l’ex premier Mohamed Ghannouchi), sopreso a rassicurare i salafiti che si lamentavano dell’eccessiva moderazione di Ennahda: nel nastro rubato Ghannouchi presenta il laicismo come una fase che verrà superata quando i tempi matureranno e invita i salafiti a fondare media e associazioni per diffondere l’islam.
Dopo gli omicidi di due politici del movimento di opposizione Fronte popolare, Chokri Belaid ucciso il 6 febbraio del 2013 e Mohammed Brahmi assassinato il 25 luglio dello stesso anno (nel giorno della festa della Repubblica), monta la protesta contro il governo, accusato di non essere in grado di garantire la sicurezza e, da alcuni, di essere addirittura il mandante politico delle uccisioni. Prima c’è un cambio di esecutivo, che passa dal premier Hamadi Jebali ad Ali Larayedh. Poi a ottobre 2013 Ennahda accetta di farsi da parte e lasciare spazio a un governo tecnico. L’accordo sul nuovo premier del governo tecnico viene raggiunto solo a gennaio 2014, quando alla guida dell’esecutivo viene scelto il premier Mehdi Jomaa. A lui è affidato il compito di traghettare il Paese verso le nuove elezioni, cioè quelle di fine anno. Il 26 ottobre si voterà per rinnovare il Parlamento, il 23 novembre invece per le presidenziali. * Chiara Battaglia – – La Presse