Un’operazione di sicurezza dai contorni poco chiari è in corso da ieri al centro di Brazzaville, attraversata da elicotteri e colpi d’arma da fuoco. Secondo fonti di stampa congolese l’esercito avrebbe circondato il quartiere ‘Plateau des 15 ans’, nelle vicinanze dell’abitazione del colonnello Marcel Ntsourou, ex numero due dei servizi segreti. Le strade della capitale – secondo il sito d’informazione ‘Star du Congo’ – si sono svuotate e la gente avrebbe preferito rientrare a casa dopo ore di tensioni, incertezza e panico.
In base ad alcune versioni dei fatti in circolazione sulla stampa locale ed internazionale, l’intervento dei ‘berretti neri’ sarebbe stato avviato per interrogare un ufficiale dell’esercito che si trovava al domicilio di Ntsourou. Quando le forze di sicurezza sono arrivate sul posto, le guardie del colonnello, in tutto una decina, avrebbero aperto il fuoco contro l’esercito. Dopo tafferugli durati qualche ora, i soldati hanno rinvenuto “ingenti quantità di armi”a casa di Ntsourou, in passato strettamente legato al presidente Denis Sassou-Nguesso, che ha sostenuto durante la guerra civile nel 1997. Lo scorso settembre l’ufficiale dell’etnia téké è stato condannato a cinque anni di carcere con la condizionale e ai lavori forzati per la sua responsabilità diretta nelle esplosioni al campo militare di Mpila, nel marzo 2012, che hanno causato 300 morti, 2300 feriti e migliaia di sfollati.
Dopo il ritrovamento ‘sospetto’, oggi le forze armate avrebbero attuato la seconda fase dell’operazione tesa ad arrestare Ntsourou, dispiegando truppe in tutto il quartiere e monitorando la zona dal cielo per evitare la fuga del colonnello. Secondo alcune testimonianze rilanciate su Tweeter e Facebook, i residenti nelle strade adiacenti al domicilio di Ntsourou sarebbero stati evacuati così come i dipendenti dell’Onu in Congo che vivono in un quartiere solitamente tranquillo.
Il verdetto sul caso di Mpila, pronunciato lo scorso settembre dalla Corte criminale di Brazzaville, che ha condannato solo cinque persone su 32 imputati, è stato accolto da critiche e accuse della società civile. Per Joe Washington Ebina, presidente del Collettivo per le esplosioni del 4 marzo, “i veri responsabili sono da ricercare nello Stato e nel governo, i militari sono solo capi espiatori”. Lo stesso presidente Nguesso aveva riconosciuto la responsabilità del governo che “ha fallito nella costruzione delle caserme”. A quasi due anni dalla sciagura le vittime non sono ancora state risarcite. – Misna