† 2008. Poeta e autore teatrale martinicano, è, con Léopold Sédar Senghor (ma più “ribelle”) e Léon-Gontran Damas, tra i grandi vati della negritudine. La sua opera più celebre è Diario del ritorno al paese natale (1939); il suo pamphlet politico più conosciuto è Discorso sul colonialismo (1950).
«Angeli doganieri che alle porte della schiuma custodite i divieti
riconosco i miei crimini e che non c’è nulla da dire in mia difesa.
Danze. Idoli. Recidivo. Anch’io.
Ho ucciso Dio con la mia pigrizia con le mie parole con le mie azioni con le mie canzoni oscene.
Ho indossato le penne dei pappagalli e la pelle dei gatti muschiati.
Ho fatto perdere la pazienza ai missionari
insultato i benefattori dell’umanità.
Ho sfidato Tiro. Ho sfidato Sidone.
Ho adorato lo Zambesi.
L’ampiezza della mia perversione mi sconvolge! ».
(A. Césaire)