Negli scontri di ieri almeno 51 ribelli del Movimento del 23 marzo (M23) sono rimasti uccisi, tra questi una quindicina di uomini indossava l’uniforme dell’esercito ruandese: il bilancio dei combattimenti in corso da quattro giorni alle porte di Goma è stato diffuso da fonti della società civile della provincia del Nord Kivu (est).
“Quindici corpi recuperati sono stati identificati come quelli di soggetti ruandesi” si legge in una nota del coordinamento della società civile locale, un’ulteriore prova del coinvolgimento diretto di Kigali nella crisi, già accusata sia da Kinshasa che dall’Onu di sostegno militare, logistico e finanziario all’M23, la ribellione nata nel 2012, per lo più costituita da tutsi. Ieri le forze armate regolari congolesi (Fardc) hanno perso cinque soldati nell’offensiva in corso al nord di Kanyaruchinya, a 15 km dal capoluogo provinciale di Goma. Nelle ultime ore l’esercito congolese sarebbe riuscito a riconquistare i villaggi di Kibati e Buvira, nel territorio di Nyaragongo, mentre quelli di Kibumba e Buhumba sarebbero ancora sotto il controllo dell’M23.
“La situazione è sotto controllo e sul terreno gli scontri stanno diminuendo. Il nostro obiettivo è quello di annientare i criminali dell’M23 e di mettere Goma fuori pericolo” ha dichiarato il portavoce dell’esercito, il colonnello Olivier Hamuli. Dal canto loro i comandanti della ribellione hanno affermato di “resistere ancora agli intensi bombardamenti”. Per il coordinatore delle Nazioni Unite in Repubblica democratica del Congo, Moustapha Soumare, “è seriamente a rischio la protezione di migliaia di persone visto che i combattimenti si verificano nelle vicinanze di zone abitate da civili”. Secondo fonti concordanti di stampa locale, finora solo una quarantina di famiglie ha abbandonato la zona coinvolta nell’offensiva in corso, in gran parte già evacuata nei mesi scorsi come conseguenze dall’insicurezza diffusa.
Intanto dopo le accuse del Rwanda al governo di Kinshasa e alla locale missione Onu (Monusco) – di aver deliberatamente bombardato due villaggi al nord di Giseni, ma anche di collaborare e reclutare ribelli ruandesi delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr, hutu), scappati in territorio congolese dopo il genocidio del 1994 – sono arrivate parole di condanna dalla ribellione dell’M23. “Il comportamento della Monusco incoraggia il proseguimento delle ostilità attorno ai campi sfollati: è in totale contraddizione con il mandato della missione Onu che consiste nel proteggere le popolazioni civili” si legge in una nota diffusa dai ribelli, che accusano i caschi blu di “aver consentito alle Fardc e alle Fdlr l’utilizzo delle postazioni della Monusco a Kanyaruchinya per raggiungere il fronte”.
In Nord Kivu un secondo fronte di ostilità rimane aperto più a nord, nel territorio di Beni, dove le Fardc devono far fronte ad attacchi dei ribelli ugandesi delle Adf/Nalu (Forze democratiche alleate) e dei miliziani somali di Al Shabaab. Dalle ultime informazioni diffuse dall’emittente Radio Okapi è emerso che i militari sarebbero riusciti a riprendere il controllo della località di Kikingi e del km 11 lungo la strada tra Mbau e Kamango. In una settimana di scontri i ribelli stranieri hanno ucciso dieci persone, ne hanno rapito altre quattro oltre ad aver saccheggiato 400 abitazioni a Kikingi e Kamango. – Misna