La regista tunisina Amira Chebli, autrice del documentario Democracy Year Zero in cartellone ad Asiatica, il festival dedicato al cinema asiatico a Roma La regista tunisina Amira Chebli, autrice del documentario Democracy Year Zero in cartellone ad Asiatica, il festival dedicato al cinema asiatico a Roma
Passioni, emozioni, speranze, rabbia e delusioni. E’ una curva sinusoidale dei sentimenti vissuti dal popolo tunisino quella raccontata da Amira Chebli e Christophe Cotteret in Democracy Year Zero, documentario appena approdato alla XIV edizione di Asiatica, il festival dedicato al cinema asiatico in corso alla Pelanda dell’ex-Mattatoio del Testaccio, a Roma, fino al 20 ottobre. Parla della Tunisia delle prime rivolte della regione mineraria di Gafsa (gennaio 2008) fino alle prime elezioni libere (26 ottobre 2011, data in cui vengono resi noti i risultati). Un caleidoscopio di testimonianze e interviste in un lungometraggio, il primo della giovane regista tunisina, suddiviso in due parti: “resistenza” e “democrazia”, partendo da un punto di vista, quello della sinistra radicale. “L’unico non compromesso con il regime”. Sono molte le categorie politiche e sociali “cui diamo voce nel nostro lavoro”. Incontrano futuri premier come Mohamed Ghannouchi e blogger, come il dissidente Slim Amamou, diventato ministro della Gioventù e dello Sport. Tutto parte dall’intervista a Gilbert Naccache, scrittore e politico, storico oppositore di Bourghiba, imprigionato dal 1968 al 1979, e poi di Ben Ali. “E’ lui il filo conduttore del nostro racconto”, spiega la Chebli, attrice, regista e ballerina ventiseienne con una formazione presso la Scuola di Belle Arti di Tunisi. A fare la differenza rispetto alle tante pellicole proposte in questi ultimi anni sulla rivolta tunisina, dice, Democracy Year Zero è lo sguardo di due registi provenienti da realtà totalmente diverse. “Il francese, che di Tunisia sa ben poco e che è estremamente obiettivo e distaccato. E la tunisina, coinvolta, per nulla obiettiva e molto engagée”. Il loro (lungo) fotogramma, abbraccia un arco temporale di circa tre anni. Da allora, le speranze di molti si sono trasformate in delusione.
“Delusione per la vittoria di un partito islamista, sì. Forse però, la delusione più forte è quella provocata dalla debolezza strategica di una opposizione che non era per nulla pronta a proporre un’alternativa forte”, sostiene. Quel che è peggio, ammette, “è che il Paese ha fatto un passo indietro notevole anche rispetto alle conquiste ottenute sotto il regime di Ben Ali. Prendiamo le donne. Oggi dell’Associazione tunisina delle Donne Democratiche – istituzione molto antica che sotto Ben Ali ha portato avanti molte lotte – il nuovo governo ne ha fatto un nemico della società. C’è un tentativo di scardinare le libertà acquisite dalle donna grazie dallo Statuto personale”. Alla condizione della donna Chebli dedicherà il suo prossimo lavoro.
Oltre alla condizione femminile, a languire è anche la libertà di espressione, aggiunge. “Nella Tv o nel cinema la censura è ancora presente. L’ho potuto sperimentare in una delle fiction (l’ultima che ho accettato di girare) in cui il ruolo femminile che interpretavo, quello di una donna forte, del periodo pre-rivoluzionario, è stato in parte cassato, attraverso l’eliminazione di dialoghi. La donna, purtroppo, deve ancora essere presentata come un bocciolo, docile”.(ANSAmed).