Nonostante lunedì scorso sia di fatto saltata l’intesa che avrebbe dovuto sancire la fine del conflitto nella regione del Nord Kivu, il governo della Repubblica Democratica del Congo spera comunque di poter siglare la pace definitiva con i ribelli sconfitti del gruppo M23. L’accordo era venuto a mancare perché Kinshasa aveva chiesto alcune modifiche al testo, negoziato prima della resa dei ribelli, a seguito di 18 mesi di insurrezione armata. Proprio gruppi armati come l’M23 da anni traggono profitto dal commercio di minerali indispensabili all’industria moderna, come il coltan e la cassiterite, che sono un elemento fondamentale della guerra nella Repubblica Democratica del Congo. Sulle condizioni dei minatori, Davide Maggiore ha intervistato padre Didier de Failly, gesuita belga, da anni impegnato al loro fianco.
R. – Les mineurs on les appelle chez nous les “creuseurs”. Leurs conditions sont… – I minatori noi li chiamiamo “scavatori”. Le loro condizioni sono palesemente e fortemente degradate, così come è fortemente degradata l’estrazione mineraria: attualmente non c’è più mercato! Questo ha fatto sì che gli “scavatori” emigrassero da quei luoghi dove si estraevano la cassiterite e il coltan, andando a circa 100 chilometri più a sud per estrarre l’oro. E questa è una cosa molto brutta, perché non hanno le loro famiglie vicine, si trovano in campi in una situazione di grande promiscuità e torneranno a casa, riportando alle loro mogli l’Aids. E questo è veramente deplorevole!
D. – Finora il commercio dell’oro, del coltan e della cassiterite è stato utilizzato dai miliziani che partecipano al conflitto nell’est della Repubblica Democratica del Congo per finanziarsi. Secondo lei, la recente sconfitta dell’M23 renderà possibile, invece, che i profitti di questo commercio vengano utilizzati a favore della popolazione congolese?
R. – La défaite du M23, à mon avis, ne va rien changer à la chose. … – La sconfitta del movimento M23, a mio avviso, non cambierà assolutamente niente in questa situazione. E questo perché non vi è alcuna volontà politica di provare a migliorare la gestione delle miniere artigianali. Quello che porterà, sarà soltanto un’enorme miseria per la popolazione. Se anche l’M23 verrà ora eliminato, ci saranno altri gruppi che nasceranno semplicemente perché con un kalashnikov possono avere cibo, donne e denaro gratuitamente.
D. – Come può intervenire concretamente la Comunità internazionale a favore dei minatori?
R. – Moi, je travaillais autres fois… – Io ho lavorato altre volte, nel 1988 e nel ’92, come esperto della cooperazione europea in Kivu. Ci siamo resi conto che la Comunità europea è in grado di mobilitare dei fondi, mobilitare le persone. Il problema è che – secondo me – non conosciamo ancora sufficientemente le condizioni di vita, le condizioni di accesso al lavoro di questi “scavatori”. Per esempio, qualche volta, si trovano tra le mani 2 o 300 dollari, ma non hanno un mezzo, non hanno assolutamente alcun mezzo, per poterli inviare alle loro famiglie. – Radio Vaticana
http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/17/congo:_dietro_i_ribelli_del_nord_kivu,_il_traffico_illecito_di/it1-747284
17/11/13 – R.D. Congo – Dietro i ribelli del Nord Kivu, il traffico illecito di minerali
Nonostante lunedì scorso sia di fatto saltata l’intesa che avrebbe dovuto sancire la fine del conflitto nella regione del Nord Kivu, il governo della Repubblica Democratica del Congo spera comunque di poter siglare la pace definitiva con i ribelli sconfitti del gruppo M23. L’accordo era venuto a mancare perché Kinshasa aveva chiesto alcune modifiche al testo, negoziato prima della resa dei ribelli, a seguito di 18 mesi di insurrezione armata. Proprio gruppi armati come l’M23 da anni traggono profitto dal commercio di minerali indispensabili all’industria moderna, come il coltan e la cassiterite, che sono un elemento fondamentale della guerra nella Repubblica Democratica del Congo. Sulle condizioni dei minatori, Davide Maggiore ha intervistato padre Didier de Failly, gesuita belga, da anni impegnato al loro fianco.
R. – Les mineurs on les appelle chez nous les “creuseurs”. Leurs conditions sont… – I minatori noi li chiamiamo “scavatori”. Le loro condizioni sono palesemente e fortemente degradate, così come è fortemente degradata l’estrazione mineraria: attualmente non c’è più mercato! Questo ha fatto sì che gli “scavatori” emigrassero da quei luoghi dove si estraevano la cassiterite e il coltan, andando a circa 100 chilometri più a sud per estrarre l’oro. E questa è una cosa molto brutta, perché non hanno le loro famiglie vicine, si trovano in campi in una situazione di grande promiscuità e torneranno a casa, riportando alle loro mogli l’Aids. E questo è veramente deplorevole!
D. – Finora il commercio dell’oro, del coltan e della cassiterite è stato utilizzato dai miliziani che partecipano al conflitto nell’est della Repubblica Democratica del Congo per finanziarsi. Secondo lei, la recente sconfitta dell’M23 renderà possibile, invece, che i profitti di questo commercio vengano utilizzati a favore della popolazione congolese?
R. – La défaite du M23, à mon avis, ne va rien changer à la chose. … – La sconfitta del movimento M23, a mio avviso, non cambierà assolutamente niente in questa situazione. E questo perché non vi è alcuna volontà politica di provare a migliorare la gestione delle miniere artigianali. Quello che porterà, sarà soltanto un’enorme miseria per la popolazione. Se anche l’M23 verrà ora eliminato, ci saranno altri gruppi che nasceranno semplicemente perché con un kalashnikov possono avere cibo, donne e denaro gratuitamente.
D. – Come può intervenire concretamente la Comunità internazionale a favore dei minatori?
R. – Moi, je travaillais autres fois… – Io ho lavorato altre volte, nel 1988 e nel ’92, come esperto della cooperazione europea in Kivu. Ci siamo resi conto che la Comunità europea è in grado di mobilitare dei fondi, mobilitare le persone. Il problema è che – secondo me – non conosciamo ancora sufficientemente le condizioni di vita, le condizioni di accesso al lavoro di questi “scavatori”. Per esempio, qualche volta, si trovano tra le mani 2 o 300 dollari, ma non hanno un mezzo, non hanno assolutamente alcun mezzo, per poterli inviare alle loro famiglie. – Radio Vaticana