Dopo giorni di tensioni e dopo aver promesso di continuare inesorabili a scendere in piazza in tutto l’Egitto, i Fratelli musulmani hanno fatto sapere nel pomeriggio di aver annullato uno dei cortei previsti oggi al Cairo, per timori sulla sicurezza. Questo non ha però impedito ai sostenitori del presidene deposto Mohammed Morsi di scendere ugualmente in strada, per dirigersi da varie località verso la Corte costituzionale. Intanto, rompe il silenzio l’uomo forte del Paese, il generale Abdel-Fatah el-Sissi, capo dell’esercito e ministro della Difesa, che promette tolleranza zero nei confronti di nuove violenze, ma apre a un futuro di inclusione politica anche per le forze islamiste.
Marcia verso corte costituzionale. La notizia dell’annullamento di almeno una marcia prevista nella capitale per oggi è stata data dalle emittenti araba. Al-Jazeera spiega che la decisione riguarda in particolare il corteo previsto a piazza Roxy, vicino al palazzo presidenziale, così come una conferenza stampa in zona. Alla base ci sarebbero i timori che lungo il percorso siano stati collocati dei cecchini. Tuttavia, almeno altri sei cortei si stanno dirigendo verso la Corte costituzionale. Diverse persone, riferisce ancora l’emittente araba, stanno marciando da Helwan, Giza e altri sobborghi. L’edifici della Corte è intanto circondato da mezzi blindati e soldati.
El-Sissi: non tollereremo altre violenze. Intanto oggi è tornato a parlare il generale el-Sissi, nel corso di un raduno di comandanti militari e capi della polizia. “Non staremo fermi in silenzio a guardare le distruzione del Paese e la gente che dà fuoco alla nazione e terrorizza i cittadini”, ha detto il capo delle forze armate nella prima apparizione pubblica dalle violenze di mercoledì, giorno degli sgomberi dei sit-in dei sostenitori di Mohammed Morsi, costati la vita a oltre 600 persone. L’esercito, ha aggiunto, non vuole prendere il potere ma “ha l’onore di proteggere il volere della gente”, cosa che “ci è ancora più cara che governare l’Egitto”.
El-Sissi: serve inclusione politica. Quindi, un appello all’unità e all’inclusione politica nel futuro del Paese, anche per gli islamisti. “Abbiamo dato molte possibilità per mettere fine alla crisi in modo pacifico e chiediamo che i seguaci dell’ex regime partecipino alla ricostruzione del percorso democratico e si integrino nel processo politico e nella mappa futura” invece che avere “confronti e distruggere lo Stato egiziano”, ha proseguito. Secondo la roadmap stilata dall’esercito dopo la destituzione del presidente Mohammed Morsi, prima dovrebbe avvenire la modifica della Costituzione sostenuta dagli islamisti, quindi nel 2014 si dovrebbero tenere elezioni presidenziali e parlamentari.
Ue: rivedremo rapporti con l’Egitto. E oggi è tornata a farsi sentire anche l’Unione europea, la quale ha fatto sapere che “rivedrà urgentemente nei prossimi giorni le sue relazioni con l’Egitto e adotterà misure” mirate a “promuovere la fine delle violenze, una ripresa del dialogo politico e il ritorno a un processo democratico”. A comunicarlo in una nota congiunta sono stati il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, che hanno invitato anche a evitare una ulteriore escalation perché “potrebbe avere conseguenze imprevedibili per l’Egitto e per i Paesi vicini”.
Attacco di ieri alla moschea. Dopo le violenze di venerdì, giorno in cui sono scesi in piazza migliaia di sostenitori di Morsi e almeno 173 persone hanno perso la vita, ieri è stata una nuova giornata di forti tensioni, con il prolungato assedio alla moschea al-Fatah, in piazza Ramses, nella capitale. All’esterno si sono piazzati i blindati dell’esercito e si è avuto uno scambio a fuoco tra islamisti e forze della sicurezza.
Il bagno di sangue di mercoledi’. L’ultima ondata di violenze era iniziata in realtà mercoledì, quando i raid simultanei lanciati dalle forze di sicurezza per sgomberare i sit-in dei sostenitori di Morsi hanno dato il via a vere e proprie battaglie di strada al Cairo e in altre città. I violenti sgomberi hanno coinvolto due accampamenti: uno più piccolo vicino all’università e il principale nei pressi della moschea di Rabaah al-Adawiya, nel quartiere orientale di Nasr City. L’ultimo bilancio ufficiale è di 638 morti e 3.994 feriti. Dei morti, 288 sono stati uccisi nello sgombero di Nasr City, 90 nel raid del campo più piccolo in piazza al-Nahda, vicino all’università del Cairo, e gli altri negli scontri scoppiati fra pro-Morsi e forze di sicurezza o anti-Morsi in vari luoghi. Si è trattato del giorno con il maggior numero di morti in Egitto dalla rivolta popolare del 2011, che portò alla cacciata di Hosni Mubarak dando il via a due anni di instabilità.
Da destituzione Morsi a dimissioni El Baradei. Mohammed Morsi è stato destituito lo scorso 3 luglio e al suo posto si è insediato un governo ad interim, sostenuto dai militari, con Adly Mansour presidente e il generale Abdel-Fatah el-Sissi ministro della Difesa. Da allora Morsi si trova agli arresti e l’Egitto è spaccato fra sit-in pro-Morsi e detrattori dell’ex presidente. Il mese scorso era stato nominato vice presidente Mohamed ElBaradei, premio Nobel per la Pace, che si è però dimesso a seguito del bagno di sangue di mercoledì e dell’imposizione dello stato di emergenza e del coprifuoco per un mese. – LaPresse/AP