Nonostante il caos che regna nella vicina Libia, che si traduce anche in migliaia di arrivi ogni giorno oltre confine, la Tunisia continua il processo di transizione democratica preparando il prossimo appuntamento elettorale: le politiche del 26 ottobre, cui seguiranno le presidenziali del 23 novembre. Ed un regolare svolgimento delle elezioni rappresenta un passaggio essenziale in un Paese che, come ha detto il Presidente della Repubblica Moncef Marzouki, rappresenta l’unica speranza per la democrazia nel mondo arabo.
La nuova legge elettorale prevede per le politiche il voto proporzionale ad un turno per ogni circoscrizione, senza soglie minime: nessun meccanismo dunque che favorisca una preventiva semplificazione del panorama politico, in cui si contano circa 150 partiti. E si infiamma il dibattito interno ai partiti sulla formazione delle liste in vista della scadenza del 22 agosto, ultimo giorno utile per la presentazione delle candidature.
Un gruppo di 37 partiti minori ha formato nei giorni scorsi una coalizione per chiedere la revisione delle modalità per le candidature, ritenute ingiuste e restrittive. Intanto l’Isie (l’organismo indipendente per lo svolgimento delle elezioni) ha annunciato il reclutamento di 60.000 scrutatori da distribuire in circa 12.000 uffici elettorali. In appoggio al processo di transizione, la Germania ha concluso con la Tunisia la scorsa settimana due accordi da 2 milioni di euro per il sostegno della giustizia di transizione e del processo elettorale. I finanziamenti verranno messi in opera dall’Undp (il programma Onu per lo sviluppo) insieme al ministero degli Esteri tunisino.
Anche gli Usa continuano a sostenere la Tunisia in questa fase con la fornitura di materiali alla polizia e all’esercito – come elmetti di terza e quarta generazione, giubbotti antiproiettile e scudi speciali per le forze dell’ordine – e la promessa di una rapida consegna di 12 elicotteri Black Hawk equipaggiati per la lotta al terrorismo. Rafforzata anche la cooperazione scientifica, con la firma di due convenzioni nel campo dell’insegnamento superiore e in quello tecnologico, per un valore di 5,5 milioni di dollari.
Rimane aperto il capitolo “crisi libica” che vede l’ingresso giornaliero in Tunisia, attraverso il valico di frontiera di Ras Jedir, di circa 5-6000 libici, che vanno ad aggiungersi ai circa 1.800.000 già residenti nel paese fin dal 2011. Numeri che cominciano a preoccupare per le conseguenze che potrebbero avere nel lungo periodo nel Paese, a cominciare dai costi sostenuti dall’amministrazione tunisina. A segnalarlo, in particolare, il ministro degli esteri Mongi Hamdi in una intervista al giornale egiziano Al Masry Al Youm. Tra le tante problematiche derivanti da questi grandi numeri, la recente decisione del ministro dell’Istruzione di inserire gli studenti libici nelle scuole tunisine per il prossimo anno scolastico, e l’accettazione di pazienti libici, da parte delle diverse cliniche private della Tunisia, a seconda delle loro tribù di appartenenza, per prevenire incidenti di qualsiasi tipo. (ANSAmed).