L’estrazione del gas naturale con la tecnica del fracking rischia di avvelenare le falde acquifere del deserto del Kalahari, una delle regioni più aride del mondo: lo dice alla MISNA Jeffrey Barbee, giornalista e regista autore di un documentario sulle prospezioni effettuate dalle multinazionali fin dentro i parchi del Botswana.
“The High Cost of Cheap Gas” (in italiano “Il caro prezzo del gas a buon mercato”) è basato sulle testimonianze di funzionari del governo, manager di multinazionali e rappresentanti delle comunità che vivono in alcune delle aree protette del paese, in particolare la Kalahari Central Game Reserve e il Chobe National Park.
Secondo Barbee, un americano cresciuto in Malawi e residente in Sudafrica, “la popolazione del Botswana è stata tenuta volutamente all’oscuro di prospezioni cominciate anche sei o sette anni fa”. A cercare il metano sotto il Kalahari sono società di rilievo internazionale come la sudafricana Sasol o l’inglese Anglo American. Secondo Barbee, in Botswana il fracking rischia di avere conseguenze più gravi che altrove perché i depositi di metano si trovano in strati di carbone situati a profondità ridotte, non superiori ai 600 metri. “Per ottenere il gas – spiega il regista – viene pompata in superficie acqua avvelenata, inutilizzabile per le comunità e potenzialmente letale per gli animali”.
La zona a rischio taglia il Chobe National Park e quello che viene considerato il sentiero delle migrazioni degli elefanti più battuto al mondo. Ad alimentare le preoccupazioni, poi, è la mancanza di trasparenza sull’effettiva consistenza dei giacimenti di gas. In una delle interviste di “The High Cost of Cheap Gas” un manager sostiene che in una sola delle zone ottenute in concessione la sua società realizzerà 2000 o 3000 pozzi. La prima del documentario è in programma il 26 novembre a Johannesburg, in Sudafrica. – Misna
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