Tre giorni di lutto nazionale sono stati decretati a partire da oggi dal governo del Niger dopo manifestazioni e disordini che, nel fine-settimana, hanno provocato in diverse città del paese almeno dieci morti.
Solo nella capitale Niamey, secondo la diocesi, sono state 17 le chiese bruciate, sia cattoliche che protestanti, mentre 90 persone sono state arrestate dopo che una manifestazione dell’opposizione, ieri mattina, è stata dispersa dalla polizia con l’uso di gas lacrimogeni.
Gli attacchi a chiese e negozi di proprietà di cristiani, oltre che al centro culturale franco-nigerino di Zinder, sono stati comunemente collegati alla vicenda che ha riguardato il settimanale francese ‘Charlie Hebdo’. Secondo altre analisi, tuttavia, le cause vanno cercate anche nella situazione attuale del paese africano. Ma anche “concentrarsi sull’elemento religioso non è una chiave di lettura sufficiente per guardare agli ultimi fatti” dice alla MISNA dalla capitale nigerina padre Mauro Armanino, della Società delle missioni africane.
“Quello che è accaduto qui e a Zinder va messo in relazione con una crisi politica che ormai continua da anni, con le comunicazioni ormai interrotte tra governo e opposizione”, continua il sacerdote. A suo parere, dunque, “questi eventi non devono essere disgiunti da tentativi di destabilizzazione politica e da elementi come la povertà e la disillusione dei giovani, che sentono di aver perso tutto e di non avere futuro”.
A questa situazione di difficoltà interne si affianca, sul piano internazionale, una situazione regionale complessa. Nel paese infatti, sostiene il missionario, c’è anche chi prova un senso di “umiliazione per lo strapotere della Francia” nella regione reso evidente dall’intervento in Mali con la missione Serval e dalla successiva estensione del suo raggio d’azione per dar vita all’operazione Barkhane.
È qui che si innesta, a parere di padre Armanino, un terzo elemento: quello delle tendenze radicali “provenienti sia da paesi del Golfo, che hanno foraggiato per anni scuole e istituzioni educative, sia dalla vicina Nigeria”, dove è attivo il movimento Boko Haram. Ideologie che, conclude il religioso, finiscono per “avere un’attrattiva su persone come i giovani di 14, 15 o 16 anni, lasciati allo sbaraglio”, che sono stati i protagonisti delle manifestazioni violente di questi giorni. – Misna