“I contadini non si arrendono” dice alla MISNA John Randall, direttore di un’organizzazione ambientalista della Sierra Leone finito nel mirino di una multinazionale che ha affittato per mezzo secolo la terra che apparteneva a 24 villaggi.
L’attivista è stato denunciato per diffamazione presso l’Alta Corte di Freetown. L’azione legale è stata avviata dalla Société financière des caoutchoucs (Socfin), un gruppo controllato da Vincent Bolloré, miliardario francese noto nel mondo anche per l’amicizia con l’ex presidente Nicholas Sarkozy.
Il caso è scoppiato nel 2011, quando la Green Scenary di Randall ha pubblicato un rapporto su una concessione nel distretto meridionale di Pujehun per l’avvio di un piantagione di palme da olio. Nello studio si descrivono dinamiche già viste in altri paesi dell’Africa occidentale o dell’Asia meridionale, rovinose sia da un punto di vista sociale che ambientale. Si va dalle pressioni sui contadini a risarcimenti irrisori, fino a presunti episodi di corruzione. Il risultato è che il gruppo di Bolloré ha messo le mani su 6500 ettari di terre fertili. Terre fino a poco tempo fa coltivate dagli abitanti di 24 villaggi, più di 9000 contadini.
Secondo Randall, in Sierra Leone undici anni dopo la fine della guerra civile manca ancora una politica agraria. “Le uniche norme in materia – aggiunge l’attivista – mettono al primo posto il mercato e gli investimenti stranieri e attribuiscono solo un’importanza secondaria alla tutela delle comunità e alle loro legittime rivendicazioni alla terra”. Una tesi avvalorata da una denuncia che a dicembre i contadini dei villaggi del Pujehun hanno depositato a Freetown presso la Commissione per i diritti umani.
Oggi Randall accusa Socfin di voler mettere a tacere “qualsiasi voce critica”. Ma l’impegno suo e di Green Scenary continuerà, anche grazie al sostegno finora dimostrato da ong locali, europee e nordamericane. Uno strumento utile potrebbero rivelarsi le linee guida per la gestione responsabile delle terre e il contrasto al cosiddetto “land grabbing” adottate dalla l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) lo scorso anno. “Si tratta di direttive che i governi devono far proprie volontariamente – spiega Randall – ma che offrono comunque un contributo perché sia riconosciuto il diritto dei popoli alle terre, all’acqua e alle foreste”. – Misna