Reportage dall’inferno. Quello dei centri di detenzione in Libia dove migliaia di migranti vengono trattenuti, spesso a pochi metri da quella che considerano la loro salvezza: l’imbarco verso le coste italiane. E anche dopo la caduta di Gheddafi poco, per loro, sembra sia cambiato con luoghi di detenzione fatiscenti e sovraffolltati, spesso vittime di violenze e torture. Il grido d’allarme e’ della Onlus ”In Migrazione” che oggi ha reso noto una sua indagine dove, con testimonianze dirette dalla Libia, dove, tra l’altro, si quantifica in quasi 8mila gli sbarchi avvenuti nei primi sei mesi del 2013, con circa 40 morti o dispersi. ‘In Migrazione’ parla esplicitamente di ”trappola libica” dove secondo Amnesty International sono ‘ospitati’ 5.000 migranti rinchiusi in 17 centri di trattenimento, che vanno ad aggiungersi ad altre 4.000-6.000 persone tra carceri comuni e campi di accoglienza gestiti da miliziani. La Croce Rossa Internazionale, per esempio, di strutture ne ha visitate 60. ”Tutti i reclusi – riferisce ‘In Migrazione’ – subiscono sistematicamente trattamenti crudeli e degradanti, percosse, stupri e torture. Purtroppo non e’ dato sapere con certezza quante siano le donne e i minori che condividono con i loro compagni di viaggio questo infernale girone dantesco. Per avere un’idea pero’ si puo’ considerare che nel 2011 sono sbarcati a Lampedusa 4.300 minori non accompagnati”. E le testimonianze dirette racolte confermano questo drammatico quadro: ”Nella stessa stanza di quattro metri per quattro, siamo in 17. Qui non c’e’ scelta, ci facciamo coraggio e cerchiamo di resistere” e’, ad esempio, la testimonianza di Abdusalam, racconta dalla Onlus attraverso un telefono cellulare nella sua prigione in una delle tante strutture detentive in Libia. ”La Libia – ricorda Simone Andreotti, presidente di ‘In Migrazione’ Onlus – non contempla un sistema d’asilo, non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra sui diritti dell’Uomo ed e’ un luogo di detenzione disumana ormai conclamato. Dal 2010 persino l’Unhcr e’ impossibilitato al controllo del rispetto dei diritti umani. L’ostinazione dell’Occidente a non voler vedere, rende lecite le pratiche brutali che il Paese utilizza per il controllo dell’immigrazione e ci rende colpevolmente complici. Dunque si insiste su un approccio all’immigrazione che fu premessa dei famigerati respingimenti costati all’Italia una condanna da parte della Corte Europea dei diritti dell’Uomo”. Per quanto riguarda, invece, i morti nel Mediterraneo si ricorda che dal 1988 al novembre 2012 si calcola che ci siano stati oltre 18 mila morti nel tentativo di raggiungere le nostre coste. ”Numeri agghiaccianti di una guerra sommersa” che ha visto il 2011 come ”l’anno orribile” con una media di 5 decessi al giorno per un totale di almeno 1.822 morti, di gran lunga di piu’ delle 1.274 vittime del 2008 (anno precedente all’inizio dei respingimenti), quando in Sicilia si contarono 36.000 arrivi. Nel 2012, ricorda sempre ‘In Migrazione’, si sono registrate circa 500 vittime tra Libia e Italia a fronte dell’arrivo di circa 13.200 migranti. I primi sei mesi del 2013 vedono, invece, 40 persone tra morti e dispersi di cui si e’ avuta notizia e circa 7.800 persone arrivate sulle coste italiane sane e salve. gc/ – Asca