La drammatica situazione egiziana ha forse impresso una svolta alla crisi che, da settimane, paralizza la Tunisia, dove l’opposizione è da tempo in piazza per chiedere le dimissioni del governo e lo scioglimento dell’Assemblea costituente che, eletta nell’ottobre del 2011, ormai non riflette più il quadro politico reale del Paese. Il primo passo verso il dialogo lo hanno compiuto i “grandi vecchi” della politica tunisina: Rached Gannouchi, presidente e guida di Ennahda, e Beji Caid Essebsi, l’ex primo ministro leader di Nidaa Tounes, partito nato da circa un anno e che, sondaggi alla mano, oggi è la forza politica più rappresentativa della Tunisia. Gannouchi ed Essebsi, con una mossa a sorpresa, si sono incontrati in un hotel di Parigi, per quello che è stato il primo concreto tentativo di comporre una contrapposizione che tocca politica, religione, ideologia, concezione dello Stato. Un incontro tra persone che si conoscono benissimo e che, forse, si stimano; incontro che, a leggere i comunicati ufficiali con cui Ennahda e Nidaa Tounes l’hanno “raccontato”, è stato positivo.
Forse anche qualcosa di più perché il partito islamico ha usato una definizione, “onesto”, che spiega come, sedendosi intorno ad un tavolo, i due leader hanno avuto come solo obiettivo quello di disinnescare la potenziale deflagrazione della situazione tunisina, dove si potrebbe riproporre quello “schema egiziano” di cui tutti hanno paura. Anche se, nella Tunisia di oggi, il ruolo delle forze armate, soprattutto dopo la volontaria uscita di scena del potentissimo capo di stato maggiore Rachid Ammar, appare molto defilato.
I contenuti reali dell’incontro non sono usciti dalla saletta dell’hotel Napoleon, ma è emersa la condivisa consapevolezza che la Tunisia sta correndo pericolosamente verso il baratro e che solo il varo di un esecutivo di salute pubblica potrà fermarla.
Ora bisognerà attendere che i buoni propositi vengano allo scoperto, a cominciare dalla comune percezione che tutti debbano fare un passo indietro.
Comunque, per sgombrare il campo da possibili illazioni su un cedimento ad Ennahda, è intervenuto uno dei luogotenenti di Essebsi, Abderaouf Khamassi, puntualizzando che Nidaa Tounes resta ferma sulle due richieste principali. Cioe’: dimissioni del governo e scioglimento della Lega nazionale per la protezione della rivoluzione, nata per difendere appunto i risultati della “rivoluzione dei gelsomini” e trasformatasi in una milizia paramilitare che agisce nella totale impunità al fianco dell’esecutivo.
In ogni caso, ora occorrerà vedere come reagiranno gli attuali alleati di Ennahda e Nidaa Tounes, spiazzati dall’incontro. Un eventuale accordo tra i due maggiori partiti, sia pure allargato ad altre forze politiche ad essi vicine, avrebbe un altro evidente risultato: l’eliminazione dal gioco politico delle ali estreme dello schieramento tunisino (a cominciare dai salafiti, per finire alla sinistra movimentista), la cui esistenza resta un problema.* Diego Minuti – ANSAmed