Mohammed Morsi è “una spia per conto di Hamas e di Hezbollah”. E nell’aula della Corte d’Assise del Cairo risuona per la prima volta la parola “condanna a morte”. La procura generale egiziana ha chiesto oggi la pena capitale per l’ex presidente, deposto dai militari nel luglio del 2013, e per altri 35 membri dei Fratelli musulmani, dichiarati da allora “organizzazione terroristica”.
Ma l’ex capo dello Stato non ci sta. E ha chiesto al giudice carta e penna, per poter scrivere lui stesso la propria memoria difensiva. Nonché una copia della Costituzione del 2012, adottata quando Morsi era in carica, che secondo le opposizioni dell’epoca si prestava a diverse interpretazioni, con poche garanzie sul piano dei diritti individuali. Il giudice ha chiesto alla difesa di produrre una richiesta scritta e ha aggiornato il processo al 26 novembre.
Nell’udienza di oggi – in uno dei molteplici processi istituiti contro Morsi dopo la sua deposizione – la procura ha accusato l’ex presidente e gli altri imputati di cospirazione di aver divulgato segreti nazionali a organizzazioni straniere legate a formazioni jihadiste (il movimento radicale palestinese e quello libanese filo-siriano), allo scopo di compiere atti terroristici in Egitto.
In particolare, secondo quanto riferito da fonti giudiziarie, l’accusa ritiene che la Confraternita si preparasse nel 2012 a dichiarare il Sinai “emirato islamico”, nel caso in cui alle presidenziali avesse vinto l’avversario di Morsi, Ahmed Shafiq, ex premier di Hosni Mubarak. Avversario che invece fu sconfitto alle urne dall’esponente islamico.
All’ingresso dell’ex presidente nell’aula, i coimputati lo hanno accolto al grido di “Allah u Akbar” (Allah è grande), rendendogli il saluto militare e innalzando quattro dita della mano, simbolo di Rabba, uno dei sit-in pro Morsi repressi nel sangue nell’agosto del 2013. Da allora i leader dei Fratelli musulmani e i loro sostenitori sono stati in gran parte arrestati e condannati a pene di diverse entità.
La scorsa primavera quasi 700 membri della Fratellanza sono stati condannati alla pena di morte, molti in contumacia, con l’accusa di aver alimentato scontri e violenze a Minya, a sud del Cairo, nei giorni dei sanguinosi sgomberi delle piazze della capitale. Messa al bando come terrorista, la Confraternita è inoltre accusata di fomentare i disordini nelle università e di legami con il gruppo jihadista Ansar Beit al Maqdis che nel nord del Sinai ha ingaggiato una vera e propria guerra contro le forze armate egiziane.
Morsi è imputato in altri quattro processi: per le violenze sui manifestanti davanti al palazzo presidenziale nel dicembre 2012, per evasione dal carcere durante la rivolta anti-Mubarak del 2011, per aver insultato la magistratura e, infine, per un altro caso di spionaggio, questa volta in favore del Qatar.
L’Egitto di Abdel Fattah al Sisi continua ad accusare l’emirato di sostenere i Fratelli musulmani e di ingerenza negli affari interni. Il re saudita Abdullah cerca di ricucire lo strappo e ha lanciato oggi un appello all’Egitto per “l’unità del mondo arabo”. Sforzo “apprezzato” dalla presidenza, ma rimasto finora senza una vera risposta. – Swissinfo