20/09/13 – Africa – Maghreb: solo economia diversificata crea occupazione

di AFRICA

Per fare in modo che la loro crescita generi maggiore occupazione, i Paesi del Maghreb devono differenziare maggiormente le economie, oggi troppo focalizzate su settori a basso contenuto tecnologico, dare maggiore spazio alle donne nel mondo del lavoro e migliorare la corrispondenza tra le competenze fornite dall’educazione superiore e quelle richieste dalle aziende. Sono queste le principali raccomandazioni emerse dalla conferenza dedicata al problema della disoccupazione nel sud del Mediterraneo del ciclo ‘Ideas for development’, organizzato dall’Agenzia francese per lo sviluppo (Afd). La differenziazione, ha spiegato l’economista Mouhoud El Mouhoub dell’università di Parigi Dauphine, è la questione cruciale: le economie di questi Paesi si sono infatti finora sviluppate facendo perno su pochi settori, dagli idrocarburi al tessile ai servizi di call center, che hanno poco potenziale innovativo se non adeguatamente stimolati e pagano in modo crescente la concorrenza dei Paesi emergenti, soprattutto asiatici. Ciò ha ridotto in modo considerevole la capacità dell’attivita economica di generare posti di lavoro appetibili, creando anche, come “danno collaterale”, una percentuale di emigrazione tra i giovani qualificati non giustificabile in termini di reddito medio netto (superiore al 17%, in media). Per invertire questa tendenza attori pubblici e privati devono impegnarsi a investire in settori a maggior valore aggiunto, che garantiscano una maggiore produttività attraverso lo sviluppo di prodotti innovativi e che possano valorizzare i vantaggi competitivi dei singoli Paesi e della regione nel suo insieme.

A questa differenziazione settoriale se ne dovrà poi, o meglio in parallelo, aggiungere una geografica: la crescita, ha sottolineato Mohamed Chaifiki, direttore della sezione ricerca e previsioni del Ministero dell’Economia marocchino, resta infatti generata in gran parte nelle aree urbane tradizionalmente sviluppate, come quelle di Casablanca, Algeri e Orano, mentre ampie regioni non urbanizzate forniscono contributi al Prodotto interno lordo estremamente limitati. Proporre installazioni industriali in queste aree, come successo per esempio con le fabbriche di automobili nel nord del Marocco, può essere un volano per l’occupazione e quindi per la qualità della vita in zone che si sentono troppo spesso dimenticate.

Allo stesso tempo, sarà necessario intervenire per migliorare l’accesso al mondo del lavoro di due categorie oggi molto penalizzate: le donne e i giovani. Per le prime, il cui tasso di occupazione resta intorno al 25% in tutti i Paesi dell’area, occorrera’ progressivamente garantire un maggior ruolo nella societa’ e nell’economia, adottando quel principio di uguaglianza su cui, ha ricordato Chaifiki, i governo dell’area si sono spesso mostrati scettici. Per i giovani si pone invece il problema dell’efficacia della formazione scolastica che ricevono. I Paesi del Maghreb hanno infatti molto investito negli ultimi anni per garantire un ampio accesso all’educazione, anche superiore, ma faticano a rendere i propri diplomati “occupabili” secondo i criteri delle aziende. * Chiara Rancati (ANSAmed).

 

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