L’attacco di ieri alla base Onu di Akobo, in Sud Sudan, è l’ultima fase di un’escalation di violenza che sta facendo scivolare il paese, indipendente dal 2011, in una guerra civile. Almeno tre Caschi blu indiani sono stati uccisi, ma l’obiettivo degli assalitori erano i civili, che cercavano di sottrarsi agli scontri inter-etnici in corso da domenica.
Commentando a caldo l’attacco di giovedì, il Vice Segretario Generale dell’Onu, Jan Eliasson, ha espresso estrema preoccupazione, a nome di tutto lo staff delle Nazioni Unite, per la crisi in corso nel paese.
Negli ultimi cinque giorni, si stima che almeno cinquecento persone abbiano perso la vita nelle violenze. Dopo il presunto tentativo di colpo di stato di domenica, i soldati di entia Nuer, fedeli all’ex vice presidente Riek Machar, hanno occupato la città di Bor. Proprio qui, durante la guerra di ribellione del 1991, Machar e i suoi uomini massacrarono centinaia di persone di etnia Dinka, la stessa a cui appartiene il presidente Salva Kiir.
Human Rights Watch denuncia che proprio in queste ore sarebbero in corso uccisioni indiscriminate di civili da parte dei soldati delle due etnie rivali, in particolare a Bor e nella capitale Juba. Il presidente si dice pronto a negoziare con il suo ex numero due, che finora ha però respinto l’offerta, insistendo affinché Salva Kiir lasci il potere.
Ieri, il presidente statunitense Obama, che due anni fa aveva appoggiato la nascita del Sud Sudan, ha inviato 45 soldati per proteggere i cittadini e gli interessi americani nel paese. Trentaquattro italiani evacuati dalla Farnesina sono già rientrati a Roma. – Euronews