2018, l’anno delle svolte (ma non dappertutto)

di Enrico Casale
Isaias afewory e abiy ahmed

di Marco Trovato

Storiche riforme politiche, nuovi ambiziosi leader, tragiche crisi umanitarie, clamorosi gesti di ribellione. Il 2018 è stato un anno di cambiamenti per una parte dell’Africa e di triste consuetudine per un’altra. Ripercorriamo i momenti clou degli ultimi dodici mesi per il continente

Rd Congo
L’incertezza regna sovrana nella Repubblica democratica del Congo che va, tra mille problemi e disguidi, alle urne per le tanto attese elezioni presidenziali. Joseph Kabila, il presidente in carica dal 2001, ha rinunciato a candidarsi (il suo secondo e ultimo mandato sarebbe dovuto finire nel 2016, ma era riuscito finora a preservare il potere). Opposizione, società civile e comunità internazionale non si fanno illusioni: il regime di Kabila, caratterizzato da corruzione e violenza, manterrà ben salda la presa sulle enormi ricchezze minerarie e naturali del Paese. Il successore designato è l’ex ministro dell’Interno Emmanuel Ramazani Shadary, delfino del capo di Stato, che – in caso di una probabile vittoria – conserverà un forte controllo sulla prossima amministrazione. Il clima politico è destinato a infiammarsi con l’approssimarsi dell’appuntamento elettorale, per il quale si temono brogli e violenze, mentre il 40% della popolazione vive in estrema povertà. La Rd Congo è anche alle prese con una nuova epidemia del virus Ebola scoppiata in luglio nella provincia congolese del Nord Kivu, ma che non si è ancora riusciti a debellare. Le organizzazioni umanitarie faticano a portare aiuti dal momento che nell’area agiscono da tempo decine di milizie armate.

Etiopia
Dall’Etiopia sono arrivate le migliori notizie. E le più clamorose. Il nuovo primo ministro Abiy Ahmed, 42 anni, il più giovane leader politico dell’Africa, insediatosi ad aprile in seguito alle dimissioni a sorpresa del suo predecessore Hailemariam Desalegn, si è imposto all’attenzione internazionale per una serie di coraggiose scelte politiche che hanno dato il via a una stagione di radicali riforme. Nei suoi primi cento giorni in carica, Abiy – primo premier appartenente all’etnia maggioritaria degli oromo dopo decenni di dominazione politica della minoranza tigrina – ha liberato migliaia di prigionieri politici, ha dichiarato la fine dello stato di emergenza, ha annunciato piani di privatizzazione dell’economia, ha rimosso i responsabili dei servizi di sicurezza dello Stato implicati in violazioni dei diritti umani. E ha siglato la pace con la confinante Eritrea, mettendo la parola fine a una guerra strisciante che durava da vent’anni e aprendo una stagione di dialogo che sta coinvolgendo anche la vicina Somalia.

Zimbabwe
Svolta al vertice della politica dello Zimbabwe. In seguito alle dimissioni del leader storico Robert Mugabe, 94 anni, spinte da un golpe militare, a settembre è salito al potere Emmerson Mnangagwa, 75 anni, proclamato presidente all’indomani delle contestate elezioni del 30 luglio, segnate dal sangue degli scontri tra manifestanti e polizia. Dopo la convalida della sua vittoria da parte della Corte costituzionale, che ha respinto il ricorso per brogli inoltrato dall’opposizione, il nuovo capo dello Stato – già esponente di spicco del vecchio regime – ha promesso un «avvenire luminoso, l’alba di una nuova stagione di democrazia e prosperità». Avrà il difficile compito di rilanciare un’economia in profonda crisi.

Mar Mediterraneo
In dieci mesi, dall’inizio del 2018, più di 2.100 persone – in gran provenienti dall’Africa – hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste europee. Ma alle vittime accertate del mare andrebbero aggiunti i tanti annegati – stimati in alcune centinaia – vittime di naufragi documentati, i cui corpi non sono mai stati recuperati. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), l’aumento delle morti è avvenuto nonostante la drastica diminuzione, rispetto agli anni precedenti, del numero di coloro che cercano di attraversare il Mediterraneo. Il tutto, mentre il governo italiano ha lanciato una polemica feroce contro le ong dedite, con le loro navi, a portare soccorso ai migranti, e che il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha additato come «taxisti del mare».

Sudafrica
L’anno in cui si è celebrato il centenario dalla nascita (18 luglio) di Nelson Mandela, compianto leader della lotta anti-apartheid e padre della Nazione Arcobaleno, è stato segnato il 15 febbraio dalle dimissioni dell’ex presidente Jacob Zuma, travolto dagli scandali e dalle accuse di corruzione. Spetta ora al nuovo capo dello Stato Cyril Ramaphosa (65 anni, già attivista politico, sindacalista e poi ricchissimo uomo d’affari) il difficile compito di restituire credibilità all’African National Congress, il partito che ha gestito il potere negli ultimi 25 anni, alle prese con un’emorragia di consensi: dovrà lottare contro ingiustizie sociali e corruzione, promuovere lo sviluppo economico e restituire speranza e opportunità ai tanti giovani disoccupati o delusi. Le elezioni previste per il prossimo anno saranno un banco di prova delicato.

Nigeria
Un altro anno di sangue e violenza nello Stato del Borno, Nord della Nigeria, la cui popolazione vive da dieci anni nel terrore sotto il fuoco incrociato dell’esercito e dei jihadisti di Boko Haram. A oggi, il conflitto ha provocato più di 30.000 morti (in gran parte musulmani) e danni stimati in 10 miliardi di dollari. L’instabilità nigeriana ha intaccato anche le regioni confinanti di Ciad e Camerun innescando una colossale crisi umanitaria nella zona del Lago Ciad, dove oltre 3 milioni di profughi sopravvivono in condizioni estreme.

Kenya al Cinema
Black Panther, il film rivelazione dell’anno prodotto dalla Marvel, ha portato l’Africa (fantastica) nei cinema di tutto il mondo. Campione di incassi al botteghino, celebrato dalla critica, presentato come un simbolo del riscatto dell’orgoglio nero sul grande schermo, narra vicende ambientate nel regno immaginario di Wakanda (situato, secondo la storia del fumetto, dalle parti del Lago Turkana, in Kenya, dov’è cresciuta l’attrice premio Oscar Lupita Nyong’o, che recita nel film).

Lutto
Il 18 agosto, Kofi Annan, ex segretario dell’Onu e premio Nobel per la Pace, è morto a 80 anni in Svizzera, dove era ricoverato da tempo. Nato in Ghana nel 1938, entrato alle Nazioni Unite nel 1962, era diventato nel 1993 il responsabile delle missioni di pace del Palazzo di Vetro. Un anno dopo non riuscì a evitare il genocidio in Ruanda: un fallimento che non gli impedì la scalata ai vertici della diplomazia mondiale. Restò a capo dell’Onu per dieci anni (primo africano a ricoprire la massima carica per due volte), dal 1997 al 2006, al termine dei quali continuò a lavorare come mediatore e diplomatico promuovendo la pace e il dialogo.

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