Il primo ministro tunisino, Mehdi Jomaa, ha deciso la chiusura di tutti i media e le moschee considerati vicini all’estremismo islamico, e più in particolare alle correnti salafita e takfirista (una delle fazioni piu’ estremistiche dell’Islam) cui si rifarebbero i movimenti integralisti armati responsabili, tra l’altro, della recente strage di soldati (14 militari massacrati mercoledì scorso nell’area del monte Chaambi). Un attacco attribuito alla brigata Okba Ibn Nafaa, legata ad Al Qaida nel Maghreb islamico e che prende il nome da una delle più importanti moschee di Kairouan, città roccaforte dei salafiti tunisini.
La decisione del premier tocca anche alcune moschee dove sono stati celebrati i riti funebri per alcuni dei militari massacrati, poiché i luoghi di preghiera non erano più sotto il controllo del Ministero degli Affari religiosi che in Tunisia presiede ad ogni attività di culto, fra l’altro nominando o revocando gli imam.
Dalla caduta del regime di Zine El Abidine Ben Ali, molte moschee sono progressivamente cadute nelle mani di imam integralisti che hanno spesso usato i loro sermoni, soprattutto in occasione della preghiera del venerdì, per dare corpo alle tesi di chi – salafiti in prima battuta – si propongono di fare della Tunisia un califfato o, come ipotesi subordinata, uno Stato islamico, sovvertendo quanto stabilito dalla Costituzione (approvata dopo la fine del protettorato francese) e confermato dall’Assemblea costituente, che ha sancito la laicità dello Stato, pur mantenendo l’islam come religione ufficiale.
Jomaa, sotto la spinta delle molte manifestazioni popolari di protesta di questi giorni contro la strage dei soldati e a sostegno dello Stato nella lotta al terrorismo islamico, ha deciso anche di infliggere un duro colpo alla galassia di mezzi di informazione (tv, radio, social network) che hanno contribuito al diffondersi delle tesi più integraliste dell’Islam, con trasmissioni dai contenuti violentissimi e, quasi sempre, contro il governo. Soprattutto le radio islamiste (alcune delle quali prive di qualsiasi autorizzazione a trasmettere e che sino ad oggi erano state tollerate) sono state sospettate non solo di avere fatto da cassa di risonanza alle tesi salafite e takfiriste, quanto d’essere diventate un prezioso strumento per lo scambio di informazioni su temi sensibili (come gli spostamenti di unità di polizia e dell’esercito) quali la lotta alle cellule jihadiste.
L’annuncio del primo ministro è giunto nelle ore in cui, in una grande retata, sono state arrestate alcune decine di sospetti terroristi e fiancheggiatori e Tunisia ed Algeria hanno convenuto di dispiegare complessivamente 14 mila militari nelle cinque regioni frontaliere tra i due Paesi per bloccare gli sconfinamenti di bande armate. * Diego Minuti (ANSAmed).