Ancora una battuta d’arresto nella discussione sulla nuova Costituzione tunisina il cui accidentato percorso, riavviato il 3 gennaio, dovrebbe condurre ad un testo finale a tre anni dalla ‘primavera’ tunisina. Nella notte, tra grida, urla di ‘Allah Akbar’ e pianti, il dibattito si è incagliato sulla revisione di un articolo riguardante il divieto delle accuse di apostasia. Alcuni deputati hanno lasciato l’emiciclo tra grida e spintoni, la seduta è stata sospesa e poi riaperta, ma alla fine la vice presidente dell’assemblea, Meherzia Labidi, ha rinviato il dibattito ad oggi.
Il contrasto riguarda la presenza nell’articolo in discussione di una disposizione adottata all’inizio dell’anno su pressione di una parte dell’opposizione, che vieta le accuse di apostasia nei confronti dell’Islam. Nel dibattito alcuni deputati hanno definito la norma ”contraria all’Islam”, mentre i laici hanno fatto valere la posizione secondo la quale le accuse di miscredenza potrebbero essere considerate come degli inviti all’omicidio in un paese in cui i jihadisti hanno preso fiato dalla rivoluzione del 2011.
Il giorno precedente la discussione si era arenata su una norma riguardante le condizioni di eleggibilità del capo dello stato. Secondo gli osservatori la conclusione del processo costituzionale dovrebbe permettere di por fine alla crisi cominciata dall’omicidio nel luglio scorso di un deputato dell’opposizione, così da formare nel più breve tempo possibile un nuovo governo indipendente (avendo il partito islamico Ennahda accettato di lasciare il potere) che conduca il paese ad elezioni legislative e presidenziali.
L’assemblea costituente era stata eletta nell’ottobre del 2011 e avrebbe dovuto terminare i suoi lavori nel giro di un anno, ma il suo cammino è stato rallentato dai continui contrasti e da un clima politico inasprito da conflitti sociali e azioni dei gruppi armati jihadisti. (ANSAmed).