I mega progetti idroelettrici in costruzione o allo studio in Africa porteranno grandi benefici alle aziende ma non alle popolazioni né al continente. E’ quanto sostiene Peter Bosshard, responsabile dell’organizzazione International Rivers, in un articolo pubblicato nel blog ambiente del quotidiano britannico The Guardian.
L’allarme di Bosshard viene lanciato mentre la Banca Mondiale, nella scia delle grandi potenze come Cina e Brasile penetrate nel mercato africano, ha deciso di tornare a finanziare progetti faraonici con significativi impatti ambientali e sulle popolazioni, allorché – sostiene l’attivista – sarebbe possibile sostenere soluzioni molto più ecologiche finanziando, ad esempio, lo sviluppo del fotovoltaico o dell’eolico.
Bosshard cita alcune conclusioni della Commissione indipendente mondiale sulle dighe (World Commission on dams, Wcd), secondo cui i grandi progetti di dighe idroelettriche sono generalmente più costosi e meno produttivi di quanto ci si aspetta.
Tornati alla ribalta di recente per soddisfare i bisogni crescenti di elettricità in Africa, tali progetti non sono nuovi e molti di loro risalgono addirittura agli anni 50 o 60.
Bosshard fa l’esempio delle dighe di Inga 1 e 2 nella Repubblica Democratica del Congo: “Dopo che i donatori hanno speso milioni di dollari, meno del 10% della popolazione ha accesso all’elettricità, l’85% dell’energia va a clienti ad alto consumo, e le persone sfrattate lottano ancora oggi, 50 anni dopo, per ottenere le dovute compensazioni e una riabilitazione economica”.
Ora la Banca mondiale potrebbe finanziare il progetto di Inga 3 sul fiume Congo, il cui costo è stato stimato il 12 miliardi di dollari, il più costoso dei progetti idroelettrici mai proposto in Africa.
International Rivers si occupa di difesa dei corsi d’acqua e delle popolazioni che dipendono da essi. * Celine Camoin – Atlasweb