Non c’e’ “riparazione” possibile, non c’e’ alcuna scappatoia, scorciatoie e deroghe sono abolite.
Da oggi in Marocco per gli stupratori non sarà più possibile evitare la prigione sposando la propria vittima, come finora consentiva l’articolo 475 del codice penale. Una sorta di terra di nessuno che evitava guai a chi abusava di una donna, spesso ancora bambina, riportandola nel sicuro alveo familiare, e il peggiore incubo per chi sopravviveva alla violenza. Grazie all’appassionato lavoro di organizzazioni delle donne e per i diritti umani e di alcuni partiti politici, il Parlamento marocchino ha votato stanotte all’unanimità l’emendamento che cancella la possibilità di ricorrere a nozze riparatrici dopo lo stupro. E ha onorato così la memoria di Amina el Falili, la sedicenne che il 10 marzo del 2012 con il suicidio lanciò il suo disperato no all’imposizione delle nozze con il suo aguzzino e tracciò per prima la rotta che ha condotto il Marocco a compiere una scelta auspicata da tempo.
Allora, il caso di Amina aveva profondamente colpito il paese e aveva fatto il giro del mondo. Il governo a impronta islamica aveva deciso così di dare il suo benestare ad una modifica della legge e nel 2013 una parte del Parlamento aveva votato a favore dell’emendamento. Da mesi inoltre l’organizzazione non governativa Avaaz aveva cominciato una raccolta di firme per sostenere la richiesta degli attivisti marocchini, sostenuta da giganti della lotta per diritti umani come Amnesty International. Oggi proprio l’organizzazione con base a Londra ha accolto con favore la decisione di Rabat ribadendo tuttavia che il paese “ha ancora bisogno di una strategia globale per proteggere le donne dalla violenza” secondo quanto ha affermato Hassiba Sahraoui, vice direttore di Amnesty per Medio Oriente e Nord Africa, auspicando che presto anche “Algeria e Tunisia si incamminino sulla stessa strada”. Sahraoui ha anche sottolineato come una tale decisione scardina in qualche modo i tradizionali concetti di “onore”, “decenza”, “verginità”: “Donne e bambine – ha detto – hanno valori umani intrinseci e il loro valore non può essere stabilito a partire dalla situazione familiare o dal fatto che siano o meno illibate”.
Ora la battaglia, ricorda Fatima Maghnaoui, responsabile di una Ong che tutela le vittime della violenza, si sposta sulla richiesta di “una revisione complessiva del codice penale sulle donne”. La ministra della Famiglia, Bassima Hakkaoui, nel 2012 aveva reso noto che 6 milioni di donne (su 34 milioni di abitanti) erano state vittime di violenza e oltre la metà in seno alla famiglia. Il codice di famiglia (moudawana), varato 10 anni fa, sembra già invecchiato e secondo le attiviste marocchine i prossimi passi saranno proprio quelli che chiederanno di rivedere le norme sulla poligamia e sulla violenza sui minori e i matrimoni imposti sotto i 18 anni di età, ancora consentiti perché i giudici chiudono un occhio. Le cifre parlano chiaro: per fonti concordanti dai 30 mila del 2008 si è passati agli attuali quasi 40 mila matrimoni con minori. Ma oggi per molti è stato un grande giorno: “Oggi Amina el Filali può riposare in pace” ha detto la deputata del Partito Autenticità e Modernità (Pam), Khadija Rouissi.(ANSAmed).