Cosa si nasconde dietro al volto coperto degli al-Shabab? Il nome letteralmente significa “La Gioventù.” Si tratta del braccio armato dell’Unione delle Corti Islamiche attive in Somalia dal 2006. Obiettivo del gruppo, che controlla vaste zone del Paese, è combattere contro il governo di Mogadiscio per creare un Stato all’interno della Somalia dove sia imposta la sharia. Dal 2008 il Dipartimento di Stato americano lo annovera tra le organizzazioni terroristiche.
Nell’ottobre del 2011 viene inferto agli al-Shabaab un duro colpo grazie all’ingresso delle truppe del Kenya nel Paese accanto ai caschi blu dell’Unione Africana e alle forze governative. È stato l’intervento dell’esercito keniota nella ventennale guerra civile somala ad accendere l’ira del gruppo, come spiega Tom Maliti, analista politico: “Al-Shabab a partire dall’Ottobre 2011 ha fatto sapere di non volere la presenza dei militari kenioti in Somalia. Ha subito minacciato di combattere il Kenya sul suo territorio.”
Il leader degli al-Shabab è Ahmed Abdi Godane e il suo nome di battaglia è Mokhtar Abu Zubeir. L’organizzazione è entrata a far parte di al-Qaeda nel febbraio 2012. Annovera tra i 7000 ed i 9000 affiliati e ha all’attivo diversi attacchi tra i quali a Kampala, capitale dell’Uganda, durante la finale dei mondiali di calcio nel luglio 2010. A Mogadiscio nel 2009 nella base delle forze di pace dell’Unione Africana, un altro nell’ottobre 2011 e poi nell’aprile 2013 contro il tribunale.
Violento e vendicativo, al-Shabab ha un conto aperto con il Kenya accusato di non aver ascoltato le sue minacce. La strage di Nairobi è stata rivendicata e così motivata: “L’attacco al Westgate Mall è soltanto una piccolissima parte di quello che i musulmani somali hanno sofferto per mano degli invasori del Kenya.”
L’organizzazione agisce a sangue freddo, lacerata sempre più in faide al suo interno, con una frangia che mira a conquistare il potere solo in Somalia e un’altra che aspira a far uscire il conflitto, e le sue ragioni, dai confini nazionali. – Euronews